Il servizio di Striscia la Notizia sulla ‘contraffazione’ dell’Agenzia delle Entrate per vincere una causa

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Un gruppo industriale barese si è visto al centro di una vicenda tanto scandalosa quanto tragica alle prese con l’Agenzia delle Entrate.

È dall’ormai lontano 2006 che il gruppo è creditore dello Stato per aver maturato un credito Iva del controvalore di 200mila euro all’incirca.

L’avvocato del gruppo spiega a Striscia La Notizia come il suo cliente, negli anni, abbia più volte mandato l’istanza di rimborso del credito Iva.

Di volta in volta, però, riporta TgCom, l’istanza veniva rigettata dall’Agenzia delle Entrate con un provvedimento, l’ultimo dei quali datato 4 marzo 2014.

Dopodiché, continua l’avvocato, nel 2015 “si sono risolti alcuni contenziosi che il contribuente aveva con l’Agenzia delle Entrate”, il che ha permesso al gruppo di ripresentare l’istanza di rimborso nel Gennaio 2016.

A questo punto, invece di rispondere all’istanza con un rigetto come aveva fatto in precedenza, il fisco non ha inviato alcuna risposta al gruppo. Ciò ha portato l’avvocato e il gruppo ad impugnare il cosiddetto silenzio diniego.

Quindi l’Agenzia delle Entrate si è costituita in Commissione Tributaria presso la Commissione Tributaria di Bari, “eccependo l’inammissibilità del ricorso poiché, a suo dire, aveva risposto all’istanza di rimborso”.

In realtà, come si è potuto verificare in seguito, l’Agenzia delle Entrate ha prodotto un documento, datato 4 marzo 2016, che altro non era se non la stessa lettera di provvedimento per il rigetto dell’istanza del 4 marzo 2014, a cui è stato cambiato l’anno a pena.

Per di più, oltre che essere contraffatto nella data, il documento è stato apparentemente firmato da un dipendente pubblico che non può averlo firmato, perché nel 2016 non aveva più lo stesso incarico.

Il reporter di Striscia La Notizia, non avendo ottenuto un appuntamento con il Direttore dell’Agenzia delle Entrate di Bari, Ernesto Maria Ruffini, è stato contattato dall’ufficio stampa dell’Agenzia.

Secondo questa, la lettera contraffatta, la cui inesistenza giuridica è stata certificata dal giudice, era semplicemente una copia ad uso interno della risposta del 2014, sulla quale il funzionario ha appuntato a penna l’anno 2016, nell’ipotesi di redigere una risposta con lo stesso contenuto.

La nota, con la data scritta a penna, è però finita nel fascicolo del contenzioso e ha dato origine al caso ripreso dai media. Se questo fosse vero, sarebbe comunque una leggerezza: perché, se il documento era una bozza ad uso interno, significherebbe che nel 2016 l’Agenzia delle Entrate non avrebbe risposto alla società.

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