Che fine hanno fatto le famose fake news?
Durante la campagna elettorale, a parte una decina di casi, non si è sentito parlare più di tanto di false notizie nel vero senso del termine, ovvero di “truffe” create dai delinquenti del web per ottenere click verso i proprio siti.
Sembra che Facebook abbia arginato quasi del tutto il fenomeno contrastando in vari modi i fabbricatori di false notizie.
Per quanto riguarda il pericolo dell’interferenza russa lanciato da La Stampa in varie occasioni, invece, non trovando uno straccio di prova di fake news, i teorici del complotto putiniano hanno dovuto inventarsele loro:
Secondo il New York Times i russi non hanno avuto bisogno di intervenire nelle elezioni italiane perché le formazioni che potrebbero vincere le elezioni sono viste in maniera positiva da Mosca. Lo scrive il quotidiano più autorevole al mondo: se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere.
Ma lasciamo perdere le inezie.
Piuttosto, dovrebbe preoccuparci un altro problema: quello delle balle inventate da giornaloni e tv durante la campagna elettorale per denigrare il Movimento 5 Stelle.
La balla più nota delle elezioni è “Rimborsopoli“, la vicenda dei parlamentari 5 Stelle che non hanno restituito parte del proprio stipendio per finanziare i piccoli imprenditori.
Il caso sollevato dalle Iene si è rivelato un “boomerang” perché, se da un lato c’è stato un imbroglio da parte di alcuni ormai ex pentastellati nei confronti degli elettori, dall’altro i media hanno cercato di far credere che si trattasse di un grande scandalo, esagerandone l’importanza e non parlando d’altro per giorni.
Insomma, nessuno si è bevuto la storia e anzi milioni di elettori sono venuti a conoscenza di un fatto molto importante nascosto per anni da giornali e tg: i 5 Stelle donano parte del proprio stipendio alle piccole imprese italiane.
Fine della polemica.
Poi c’è la questione della squadra di governo del M5S: i 5 Stelle hanno presentato una lista di candidati ministri che saranno nominati in caso Mattarella dia l’incarico a Luigi Di Maio.
Una brillante operazione di marketing che ha messo KO le altre forze politiche. Per giorni i principali quotidiani sono stati costretti a sfornare titoli come “M5S, l’ex nuotatore Fioravanti ‘ministro dello Sport'”, come se fosse già accaduto.
Questa mossa deve aver talmente fatto infuriare partiti e media ostili ai 5 Stelle che si è passati poi dalle critiche ai potenziali futuri ministri alle invenzioni vere e proprie.
Marco Travaglio nel suo editoriale di sabato ha raccontato come i giornaloni hanno tentato di infangarne alcuni:
“E come sputtanare l’aspirante ministra dell’Agricoltura Alessandra Pesce? Ha collaborato come tecnico al ministero sotto la gestione di Martina, dunque sarebbe “vicina al Pd” e allo stesso ministro, come se l’amministrazione fosse tutt’uno con i politici che pro tempore la guidano. Peggio che se avesse lavorato per Cosa Nostra. Poi c’è il tremendissimo professor Fioramonti, che insegna a Pretoria e una volta disertò un convegno con l’ambasciatore israeliano: dunque dev’essere di certo un antisemita nostalgico di Auschwitz (frequentava l’Amicizia ebraico-cristiana, ma fa niente).
Notevole anche l’attacco concentrico di Libero e del manifesto contro i “tecnici” di Di Maio, con comicissimi paragoni con quelli di Monti: come se i tecnici fossero tutti uguali, e se professori tipo Rodotà e Zagrebelsky non fossero tecnici fin sopra la punta dei capelli, eppure di orientamenti opposti a quelli dei montiani, tipo Fornero. La Stampa, non sapendo più che inventarsi (fake news putiniane a parte, negli ultimi due mesi è riuscita ad annunciare sia il governo 5Stelle-Lega Nord sia il governo 5Stelle-Pd-LeU), titola: “Di Maio, la squadra dei prof sconosciuti”. Avrebbe preferito i prof fin troppo conosciuti che scrivono su Stampubblica, lavorano per la Fiat o per De Benedetti o per qualche banca limitrofa, i famosi prof che, quando si tratta di difendere lorsignori e scaricare i costi delle crisi sui poveracci, mettono sempre una parola buona.”
Il direttore del Fatto Quotidiano ha osservato che i candidati ministri pentastellati non sono “niente di eccezionale, nessun premio Nobel né Oscar né Pulitzer” ma, prosegue, “nemmeno impresentabili”, anzi, “tutta gente piuttosto esperta, almeno per curriculum”, a differenza dei ministri dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni.
Oltre alle falsità sul M5S, un altro grande silenzio ha contaminato la nostra campagna elettorale: quello sui “precedenti” di Silvio Berlusconi e i dubbi sulla sua lucidità.
Il corrispondente di Reuters Gavin Jones in una intervista al Fatto Quotidiano ha denunciato che “Berlusconi è in evidente stato di confusione, ma in Italia nessuno ne parla. E né destra né sinistra vogliono dargli il colpo di grazia”. “Da osservatore esterno – ha proseguito Jones – mi sembra strano che non se ne parli affatto. Quasi come se tutti facessero finta di non vederlo, come nella fiaba ‘I vestiti dell’imperatore’: nessuno dice che il monarca è nudo, solo un bambino. Ma c’è una rimozione – e lo dico di nuovo da giornalista straniero – ancora più impressionante.”
E ancora: “Mi sembra che Berlusconi sia trattato con straordinario rispetto. Quasi con reverenza. Quando è intervistato, non vengono mai citati i suoi problemi: la condanna, il conflitto di interessi, i processi ancora in corso. Sono temi che la stampa estera ha enfatizzato molto. Qui non esistono. In Inghilterra sarebbe inconcepibile che in tutta la campagna elettorale non sia mai citato il fatto che un leader politico sia a processo per corruzione dei testimoni”.
Detto questo, resta da capire quali fake news sono più pericolose: quelle del web o quelle di giornaloni e tg. Le prime vengono facilmente smentite, alle seconde invece ci credono sempre meno persone. Il 5 marzo scopriremo quante sono.