Alessandro Sallusti non ha digerito il veto di Di Maio su Berlusconi per la formazione del governo.
Il leader 5 Stelle ha detto che non porterà il Movimento ad un “nazareno bis” e ha quindi teso la mano alla Lega, a patto che Forza Italia sia esclusa dall’esecutivo: “Salvini deve scegliere tra la rivoluzione e la restaurazione, se mollare Berlusconi e cominciare a cambiare l’Italia o restare attaccato a Berlusconi e non cambiare nulla,” ha detto Di Maio a “Di Martedì” due sere fa.
Il direttore del Giornale ha reagito con un durissimo editoriale intitolato “Di Maio fuori di testa” in cui si legge:
“Ha la bava alla bocca, Luigi Di Maio. Non si dà pace di non potere governare da solo o, in subordine, con amichetti docili di suo gradimento.
Alla vigilia dell’inizio delle consultazioni con il capo dello Stato, ripete: con chiunque ma non con Forza Italia (e neppure con Renzi)”.
Secondo il giornalista il diktat di Di Maio è mosso dall’odio nei confronti di B. e non da ragioni politiche:
“Non è un fatto politico, che sarebbe legittimo, per una divergenza su contenuti e programmi. È puro odio nei confronti di Silvio Berlusconi e dei milioni di italiani che, ancora una volta, l’hanno votato.”
Poi Sallusti alza i toni:
“Di Maio è un razzista, si ritiene antropologicamente superiore al popolo moderato-liberale e al suo leader, ripetendo così l’errore fatto per vent’anni dalla sinistra, alla fine morta di antiberlusconismo, malattia dei mediocri e dei frustrati.”
E prosegue:
“I Cinquestelle vorrebbero Berlusconi morto, per provare a spartirsi i resti e nell’attesa provano a isolare lui e i suoi elettori come si fa con gli appestati e gli untori. Corteggiano e lusingano (a giorni alterni, per la verità) la Lega, nella speranza che faccia da killer, abbandonando l’alleato al suo destino.”
“Capisco la delicatezza del momento – conclude Sallusti – comprendo le difficoltà dei partiti, ma vedo nei politici troppa cautela e incertezza a rispondere per le rime a questo saputello. Più coraggio, per favore. Non è ancora reato dire con chiarezza e a viso scoperto: «Di Maio, ma vaffanc…».”