Se anche il secondo giro di consultazioni si risolverà con un nulla di fatto, come è probabile che accada, il Capo dello Stato Sergio Mattarella valuterà diverse opzioni per la formazione del governo.
In queste ore i giornali ipotizzano un terzo giro di consultazioni, un pre-incarico, un mandato esplorativo, una “commissione di saggi“, il governo del presidente o anche più giorni di tempo.
Nessuno perà sa cosa ha in mente il presidente della Repubblica, ma alcuni scenari potrebbero essere esclusi.
Secondo Ugo Magri Mattarella non intende “prestarsi a tatticismi” come quelli di Matteo Salvini, il quale attende con ansia l’esito delle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, dove la Lega è favorita.
Una vittoria consentirebbe al leader della Lega di rafforzare la sua posizione all’interno del centrodestra e davanti a Mattarella.
Marzio Breda sul Corriere della Sera scrive invece che “diffidenze e tensioni preoccupa il capo dello Stato: i contatti fra i partiti non sono andati bene, finora”. Questo rende improbabile l’ipotesi del terzo giro di consultazioni. Anche perché, leggiamo su Repubblica, “Il tempo e la pazienza cominciano a esaurirsi”.
Così la lista delle opzioni per Mattarella comincia dalla moral suasion, spiega Il Fatto Quotidiano, il pressing alto per rompere il gioco dei veti incrociati che ormai caratterizza da più di un mese il quadro politico. Detta per le spicce: Salvini che vorrebbe un governo con il M5s ma non con il Pd, il M5s che non vuole un governo con Berlusconi, il Pd che non vuole un governo con nessuno. Per quasi tutte queste ipotesi (tutte tranne i Cinquestelle e Forza Italia, forse) è necessaria la postilla: ‘Per ora’. Il pressing di Mattarella potrebbe cominciare già durante le consultazioni, quando potrebbe cominciare a paventare – raccontano i giornali – l’ipotesi di un pre-incarico, un modo per “mettere tutti davanti alle proprie responsabilità”, visto che sono già passate oltre 5 settimane.”
Si allontana invece l’ipotesi del pre-incarico. Luigi Di Maio ha già chiarito che non intende “la fine di Bersani”. Stesso discorso vale per Matteo Salvini.
Un altro scenario sarebbe una nuova commissione di saggi, mentre l’ultima opzione, scrive Il Fatto Quotidiano, sarebbe “un ‘appello pubblico’ perché i partiti aprano un dibattito ‘formale’ in Parlamento. In tutto questo groviglio c’è una certezza, cioè la data di scadenza: il 28 giugno, giorno del Consiglio europeo che comincerà a parlare della riforma dell’Unione Europea. Per quell’appuntamento servirà un presidente del Consiglio nella pienezza dei propri poteri.”