De Luca apre al M5S, sì, ma lo fa comportandosi da vincitore

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Vincenzo De Luca apre al M5S, senza rinunciare ad attaccarli, anche se stavolta in modo più sottile e meno aggressivo del solito.

Già dall’esordio del suo intervento settimanale su Lira Tv, il presidente PD della Regione Campana mette le mani avanti: invoca infatti la prudenza di fronte a un eventuale accordo di governo M5S-Pd.

Si dichiara contento del fatto che si sia aperto un dialogo, ma inizia subito a dettare le condizioni del confronto: non vi sia chiusura da nessuna delle due parti, e i pentastellati riconoscano che sussiste piena dignità in tutte le forze politiche.

Con quest’ultima affermazione De Luca sembra fare la classica “excusatio non petita, accusatio manifesta”.

Se i Gialli non ritenessero che vi è almeno un germe di buono in tutte le fazioni politiche, non avrebbero avviato un dialogo e si sarebbero ritirati sull’Aventino.

È De Luca che non ha risparmiato critiche al Movimento dalla sua nascita, ma soprattutto dal momento in cui i pentastellati hanno iniziato a mostrare alcune problematiche presenti nella gestione De Luca.

È De Luca che sino a pochi mesi fa chiamava Di Maio sprezzantemente “Luigino il chierichetto”, definendo i tre principali esponenti M5S delle “mezze pippe”, “falsi come giuda”, arrivando a dire “che vi possano ammazzare tutti quanti”.

Critiche dunque sul piano personale in risposta a critiche sul fronte tecnico e politico.

Le tipiche “fallacie ad hominem” da tempo individuate dalla logica, ossia quelle strategie di depistaggio volte a prendere d’assalto la persona dell’interlocutore anziché la tesi da questo sostenuta.

Queste strategie sono quelle a cui ci si appiglia quando si è privi di argomenti. Senza dimenticare che in questo modo non si fa altro che aumentare l’odio sociale.

Ad ogni modo De Luca in questo intervento decide di placarsi, e di usare un tono diverso (senza rinunciare a sferrare poderosi ma nascosti attacchi, come nell’arte della dissimulazione dei Ninja).

Parla di anni e anni di attacchi subiti, senza ovviamente citare i suoi di attacchi, e constata “con piacere” che finalmente i pentastellati hanno “messo la giacca”, quasi a dire che ormai sono come lui, sono dentro il sistema.

Detto questo, parla dei programmi, in quanto sussistono “scelte programmatiche profondamente diverse”:
Interpella i Cinque Stelle (senza contradditorio ovviamente), chiedendo loro in primis che cosa pensino delle vaccinazioni obbligatorie.
Perché quando si inizia a parlare di programma “bisogna dire cose chiare”.

Continua incalzando (si può permettere di incalzare dal momento che è un monologo e non un dibattito) con domande sulle infrastrutture, sul lavoro, “quello che ti cambia la vita” disprezzando “il contributo mensile”, con una goffa allusione al reddito di cittadinanza, che non ha evidentemente compreso di cosa si tratti.

De Luca, Pd, sostiene poi che “bisogna fare un’operazione verità”.

Si appella subito dopo agli elettori dei 5 Stelle, che ritiene degli elettori Pd delusi che si sono rivolti ai pentastellati “più per ragioni di dissenso che per adesione a un programma, che non esiste peraltro. Qual è il programma?”.

Forse De Luca non sa che da anni il Programma dei 5 Stelle è online e pubblico, e viene continuamente discusso e aggiornato grazie al contributo degli attivisti.

Se non conosce il programma, faccia almeno lo sforzo di andare a leggerlo, e di capire che cosa i cittadini di buon senso veramente desiderano.

Certamente non desiderano regali alle banche, non desiderano tasse in aumento, non desiderano cattedrali nel deserto o infrastrutture che di “energia pulita” non hanno neanche la parvenza.

Chiede infine una “postilla”: ovvero che non si parli più di “contratto di governo”, perché “i contratti si fanno negli accordi commerciali. Questa è un’altra scienziateria marca 5 Stelle”.

Chiede per questo di smetterla con “questa demagogia che mi è diventata insopportabile” e con “le camminate a piedi”. Perché “è passato un mese e tutti quanti hanno ripreso la macchina di nuovo”, sostenendo che si tratti di un’altra “presa in giro per gli italiani”.

D’altra parte, aggiunge attaccando velatamente l’amministrazione 5 Stelle in Campidoglio, “se la mattina devi lavorare non è che a Roma prendi il pullman e arrivi la settimana successiva”, come se le problematiche del trasporto pubblico le avesse create la Giunta Capitolina eletta da poco più di un anno e mezzo e non le precedenti amministrazioni.

Aggiunge concludendo che si dovrà “consumare la fase della demagogia, delle cialtronate, per trovare la misura nel linguaggio, nel confronto, il rispetto reciproco, puoi essere d’accordo o non d’accordo ma da qui a calpestare la dignità dei tuoi interlocutori ce ne corre”.

È lo stesso De Luca che definiva “mezze pippe” i 5 Stelle? O è stato sostituito da un sosia che cerca di mettere delle pezze là dove il vero De Luca aveva aperto ferite profonde? O ha subito un condizionamento in perfetto stile “Manchurian Candidate”, che però, come deduciamo dagli attacchi velati, non ha avuto un esito completamente positivo nella trasformazione in un De Luca equilibrato nel suo eloquio?

Sembra di assistere alla vigilia dell’incontro tra due alieni di pianeti diversi.

De Luca apre al M5S, sì, ma lo fa comportandosi da vincitore, come se pensasse di avere il coltello dalla parte del manico, non capendo che il Movimento sta cercando una soluzione per garantire la stabilità istituzionale al Paese, e non di certo un’alleanza con un Partito che ha sempre criticato per la sua inefficienza e inefficacia.

I Cinque Stelle vogliono un contratto perché non si fidano, e lo vogliono pubblico in primis per prendere le distanze dal celebre “Patto del nazareno”, che a detta di Berlusconi è stato tradito proprio dal Pd (leggi Renzi), in secondo luogo perché desiderano veramente cambiare questo paese, e l’unica “arma” che i pentastellati hanno a disposizione, e che ne ha decretato il sempre crescente successo, è la trasparenza, in ogni atto che compiono.

De Luca si metta l’anima in pace: non è lui a dettare le regole, né è lui a prender parte ai giochi. Stia in panchina, ma non da allenatore, da ultimo riservista.

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