NYT: Facebook condivide i dati degli utenti con i produttori di smartphone

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L’azienda di Mark Zuckerberg è di nuovo al centro di polemiche in seguito ai fatti riportati dal New York Times lo scorso 3 giugno.

Secondo il quotidiano statunitense, Facebook condivide i dati degli utenti con i produttori di smartphone come Apple, BlackBerry, Microsoft e Samsung, permettendo loro di accedere ai dati dei propri utenti e dei loro amici senza il loro consenso esplicito.

Secondo Sandy Parakilas, ex manager di Facebook, le app di Facebook fino al 2015 avevano accesso non solo ai dati dei singoli utenti (post, relazioni, religione, orientamento politico, ecc.) ma anche a quelli di tutti gli amici, e in casi frequentissimi di utenti con centinaia di amici questo provocava un aumento esponenziale del fenomeno.

La risposta del colosso di Menlo Park non si è fatta attendere, con un post pubblicato su Newsroom (il blog ufficiale di Facebook) lo stesso giorno, nel quale si afferma che Facebook non è a conoscenza di nessun abuso da parte di aziende esterne, spiegando che in quel periodo non esistevano i vari negozi di applicazioni online come Google Play o App Store, perciò Facebook, per agevolare la propria diffusione nei vari dispositivi mobili ha creato delle interfacce di programmazione apposite (dette “API”), nonché siglato degli accordi direttamente coi produttori per installare l’app del social network direttamente nel sistema operativo degli smartphone.

Il vicepresidente di Facebook Ime Archibong ha quindi smentito quanto dichiarato dal New York Times, affermando che negli accordi siglati con le case produttrici di smartphone e dispositivi mobili è stato proibito l’utilizzo dei dati degli utenti al di fuori dello scopo di ricreare “l’esperienza di Facebook nel dispositivo mobile” ma soprattutto senza esplicito consenso.

Nonostante queste smentite dunque, Facebook rischia di nuovo di trovarsi al centro di una nuova bufera riguardante l’utilizzo illecito dei dati sensibili dei propri utenti, con la FTC (Commissione federale per il commercio USA) e l’UE pronte ad indagare a riguardo.

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