Botta e risposta tra Marco Travaglio e Roberto Saviano oggi sul Fatto Quotidiano.
L’autore di Gomorra rimprovera Travaglio di aver scritto in un suo editoriale di qualche giorno fa sulla sentenza sulla trattativa Stato-mafia che “chi governa merita certamente le critiche più feroci. Ma prima dev’essere chiaro a tutti quali ‘ministri (e governi) della malavita’ hanno infestato l’Italia fino a quattro mesi fa”.
Secondo Saviano questo “commento alla sentenza emessa nel processo trattativa, il racconto delle responsabilità accertate in primo grado” viene usato da Travaglio per dirgli “che erano quelli i ministri della Mala Vita e non Salvini? Non capisco e non credo si tratti di una versione più paludata dell’inflazionato ‘e allora il Pd?’.”
Travaglio ha replicato spiegando che voleva dire semplicemente quello che ha scritto, ovvero che “le critiche a questo governo quando sbaglia, come a tutti i governi quando sbagliano, sono doverose. Ma, in tema di mafie, a questo governo nato due mesi scarsi fa non si può (ancora?) rimproverare nulla”.
“Perciò non ho capito la tua definizione di Salvini “ministro della malavita”. E non perché – ha aggiunto – io nutra simpatie per Salvini: il quale, prima di provarci con te, ha querelato per ben 7 volte me e il Fatto, uscendo sempre sconfitto (te lo dico perché hai ottime speranze di vincere anche tu)”.
Travaglio si è detto preoccupato per le “sparate razziste”, le “politiche xenofobe” e i “rapporti con Putin” di Salvini, “ma ancor più per la folla plaudente e tracimante che si assiepa sotto il suo balcone (o la sua ruspa)”.
“E temo – ha proseguito rivolgendosi a Saviano – che le tue denunce su quei temi escano non rafforzate, ma indebolite dall’attribuirgli condotte o relazioni malavitose”.
Travaglio ha concluso osservando che “la Lega non è il nuovo” e “i 5Stelle già manifestano molti vizi del ‘vecchio'”.
“Ma è indubbio – ha aggiunto – che il voto degli italiani, il 4 marzo, abbia spazzato via un sistema di potere consociativo che aveva retto l’Ita lia per 24 anni e che affonda le sue radici proprio nella trattativa bipartisan Stato-mafia”.