“La quasi recessione della Germania nella seconda metà del 2018 è stata una sorpresa per molti, ma non avrebbe dovuto esserlo”.
Lo scrive l’economista Ashoka Mody in un editoriale per Market Watch.
“La crescita globale” spiega “ha cominciato a rallentare fin dall’inizio del 2018, proprio mentre l’industria automobilistica tedesca si trovava alle prese con una rovinosa caduta delle vendite nel mercato interno. Questo doppio colpo, che ha rivelato due delle debolezze della Germania – l’eccessiva dipendenza dal commercio con l’estero e la rapida obsolescenza della sua struttura industriale –, sta ora spingendo la sua economia in recessione”.
“In assenza di un eroico sforzo politico,” osserva una prolungata recessione della Germania frenerà la crescita europea e potrebbe fomentare un’ulteriore crescita del nazionalismo, che a sua volta sarebbe un duro colpo contro la visione di un’Europa unita”.
“Dall’inizio del millennio” prosegue Modi “la dipendenza dell’economia tedesca dal commercio estero si è tradotta in una preoccupante dipendenza dalla forza dell’economia cinese. Nel momento in cui la Cina ha avuto una crescita esplosiva all’inizio degli anni 2000, gli esportatori tedeschi, ben noti per l’alta qualità dei loro prodotti ingegneristici, hanno trovato un giacimento di guadagni”.
“Il governo cinese” scrive ancora l’economista indiano “investiva quanto mai prima in infrastrutture di ultima generazione, i consumatori avevano un’appetito insaziabile per le Mercedes e le BMW, e le fabbriche richiedevano sempre più macchine utensili di alto livello. Nel periodo tra il 2004 e il 2006, nell’impeto della crescita globale, quasi tutto l’aumento delle esportazioni tedesche era diretto verso la Cina. Alla fine del 2009 le autorità cinesi hanno salvato l’industria manifatturiera tedesca, che rischiava di crollare sotto i colpi della crisi finanziaria globale. Il potente stimolo fiscale e creditizio cinese, volto a dare impulso all’economia interna, ha creato una domanda vorace di prodotti tedeschi”.
“Per questo la Germania – e l’Europa, trascinata sulla sua scia – si sono risollevate nel 2017 quando i leader cinesi, frustrati dall’incapacità di raggiungere obiettivi di crescita del PIL irragionevolmente elevati, hanno nuovamente iniziato a pompare stimolo nella domanda. Tuttavia, timorosi di gonfiare ulteriormente le loro bolle immobiliari e creditizie, le autorità cinesi hanno di nuovo fatto marcia indietro sullo stimolo alla domanda verso la fine del 2017,” spiega ancora Modi.
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