La procura di Catania ha individuato un sistema fraudolento che consentiva a diversi imprenditori di eludere al pagamento delle tasse per oltre 220 milioni di euro ed eludere a procedure esecutive e concorsuali, si ipotizza quindi associazione a delinquere, bancarotta ed evasione fiscale.
“A orchestrare e scandire le fasi del circuito criminale – ha fatto sapere la procura – era lo studio associato Pogliese, che assumeva il ruolo di ‘regista’ del sistema illecito attraverso l’azione diretta del commercialista Antonio Pogliese“.
Antonio Pogliese è il padre di Salvo Pogliese, eletto sindaco di Catania con il centrodestra nel 2018. L’uomo è finito agli arresti domiciliari, e con lui alcuni dei suoi associati: Michele Catania, e Salvatore Pennisi.
I tre associati secondo l’accusa, “avvalendosi di Salvatore Virgillito, liquidatore fiduciario dello studio, anch’egli agli arresti domiciliari, costituivano un’associazione a delinquere, almeno dal 2013, dedita ad una serie indeterminata di condotte delittuose in materia societaria, fallimentare e fiscale”.
Il Gip ha predisposto i domiciliari anche per gli imprenditori Antonino Grasso, Giuseppe Andrea Grasso, Michele Grasso, Concetta Galifi e Rosario Patti. Mentre per Alfio Sciacca e Nunziata Conti, è stata disposta la misura interdittiva ad esercitare il diritto d’impresa per un anno.
Nell’inchiesta sono finite anche alcune intercettazioni del padre del sindaco.
Pogliese, al telefono con Michele Catania, diceva che “questa pesantezza dell’azione della Procura non escluderei che possano fare un monitoraggio: la cosa più pericolosa è questa anche perché se lo fanno non lo fanno su Virgillito, che lo considerano un pupo di pezzà, magari loro lo fanno per colpire qualcun’altro”.
In un’altra intercettazione Pogliese parlava con Concetta Galifi, amministratrice della ‘Prima trasporti srl’: “il mio disegno era mettiamola in liquidazione e la cancelliamo… con il senno di poi… Il mio disegno era di cancellarla nel 2015… Allora questo rischio della Procura non c’era perché la legge fallimentare e del 42 no? Non abbiamo stimato il rischio della Procura perché allora non era stimabile…”.
Il sindaco si è ritenuto “dispiaciuto e amareggiato per la vicenda giudiziaria che investe mio padre per la sua attività professionale, nota e apprezzata a Catania e in Sicilia. Per antica tradizione familiare e culturale ho sempre riposto la massima fiducia nella magistratura a cui è rimessa ogni valutazione sulle accuse mosse. Con altrettanta convinzione sono sicuro che mio padre, di cui ho sempre ammirato l’adamantina condotta di professionista e di genitore, saprà dimostrare la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati, riguardanti lo svolgimento di alcuni incarichi di consulenza dello studio professionale che dirige da cinquanta anni senza che alcuna ombra ne abbia offuscato l’operato. Mai”.