Certo che è un grande evento di politica estera vedere la tracotanza francese addivenire a più miti consigli con l’Italia.
Macron ha fatto una ‘indietro tutta’ repentina, comprendendo che la messinscena del richiamo dell’ambasciatore francese a Parigi, sarebbe diventata presto una farsa che avrebbe ricordato il ‘Malato Immaginario’ di Molière.
E così si è acconciato a farsi chiamare dal Presidente Mattarella che, da siciliano pratico, lo ha tolto dall’imbarazzo di dover dichiarare che è stato lui a chiamare il nostro Presidente. Tanto che si racconta sui giornaloni che la telefonata è il risultato di ‘giorni intensi di lavoro diplomatico’.
In altre parole Macron ha implorato Mattarella perché apparisse che fosse Mattarella ad averlo chiamato e non il contrario, come è stato in realtà.
Ma in politica, come in qualsiasi ambito dei rapporti umani, quando si vince è bene non voler stravincere e così umiliare l’avversario. Vincere è più che sufficiente.
Perché vincere contro l’arroganza e la supponenza francese, alimentata, corroborata e sedimentata con l’abitudine a trattare con i governi che hanno preceduto quello attuale guidato dal Presidente Conte, è un risultato straordinario, e già di per sé è stravincere.
La dichiarazione a RTL della ministra francese per gli Affari europei Nathalie Loiseau è patetica. Mi immagino il sorriso tirato e forzato che le dà la forza per dire ai microfoni della radio: “abbiamo sentito anche quei leader politici che si erano lasciati andare a comportamenti ostili e francamente inaccettabili, che si sono rammaricati. La Francia è stata infatti per diversi mesi oggetto di ripetute accuse, attacchi infondati e dichiarazioni oltraggiose di cui tutti sono a conoscenza”.
Che i leader italiani siano rammaricati, è di tutta evidenza un film che si è fatto da sola. D’altra parte non ha senso smentire ciò che dice di aver visto lei.
Purtroppo per loro, dovranno abituarsi, Macron e la sua ministra, a sentir ribadire da parte del M5S le accuse della colonizzazione di parecchi Paesi africani da parte della Francia, e che tale situazione ha da finire.
Si dovrà accettare che l’Italia approfitterà delle occasione opportune e anche di quelle che Macron giudicherà inopportune, per ribadire che per i Paesi africani ancora con moneta francese è giunto il momento che ne abbiano una loro.
E dovrà, Monsieur Le President, abituarsi all’idea che un leader politico italiano possa parlare con qualsiasi esponente politico francese, a partire da quelli dei Gilet Gialli.
Se la Loiseau crede che “l’Italia abbia bisogno della Francia e quindi lavoriamo insieme” è bene anche che abbia la profonda e intima convinzione che la Francia abbia bisogno dell’Italia.
Altrimenti potrà succedere che di fronte alla fermezza italiana, con un gesto di rabbia incontrollata, venga di nuovo richiamato l’ambasciatore a Parigi e di nuovo si chieda a Mattarella di chiamare Macron, perché non figuri essere stato lui a chiamare il nostro Presidente.
Però chiedere al nostro paziente Presidente per due volte la stessa cortesia lo può esporre ad un cortese ma fermissimo diniego.
Tenga presente, Macron, che Sergio Mattarella è italiano come cittadinanza ma siciliano di nascita.