Via della Seta, Ferrara (M5S): «Finalmente l’Italia arriva prima»

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“Le polemiche che hanno anticipato la visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia, per siglare il memorandum di intesa sulla Nuova via della Seta, ovvero il più grande progetto di investimento infrastrutturale internazionale della storia hanno montato un uragano diplomatico, che, per quanto strumentale, ci fornisce l’occasione di parlare di futuro delle relazioni commerciali e di porsi, per la prima volta dopo anni di arrendevole politica estera, in una posizione di vantaggio rispetto ai nostri alleati europei e americani”.

Così il senatore del Movimento 5 Stelle Gianluca Ferrara in un post sul suo blog ospitato sul “Fatto Quotidiano”.

“Il progetto della Belt and road, infatti, coinvolge 68 nazioni e prevede finanziamenti (quasi un trilione di dollari) che potrebbero superare di 12 volte quelli del celebre Piano Marshall attraverso investimenti infrastrutturali in strade e porti per costruire nuove vie commerciali terrestri e marittime. L’Italia e il suo governo, fermo restando alcuni principi come il controllo sul nostro sistema economico, se vuole ottenere benefici tangibili per il proprio export, deve assolutamente partecipare a questa iniziativa e attirare investimenti che ricadranno positivamente sull’occupazione,” spiega l’esponente pentastellato.

“Secondo le intenzioni del governo,” prosegue “il Memorandum pone le basi per permettere alle nostre imprese di esportare in Cina, visto che le merci cinesi arrivano da noi già da anni. Il potenziamento delle vie di comunicazione e scambio, è una enorme opportunità per le nostre medie e piccole imprese con prodotti all’avanguardia, ma che non esportano verso la Cina. Con questa iniziativa avranno maggiori possibilità di vendere le proprie merci a centinaia di milioni di cinesi e ad altrettanti cittadini di altri paesi asiatici, che adorano il made in Italy. Quando sono stato in Cina e ho visitato Chongqing da dove partono i container carichi di merci verso l’Europa, ho chiesto in quale percentuale ritornassero con prodotti europei e italiani in particolare. La risposta è stata molto emblematica, il funzionario cinese mi ha risposto che spesso tornano vuoti; il nostro obiettivo nei prossimi anni è riempirli made in Italy”.

“La politica da attuare non deve essere assolutamente quella di vendere asset e aziende strategiche come hanno fatto i governi Renzi prima e Gentiloni poi. Le nostre aziende, le infrastrutture e i porti devono restare sotto il controllo italiano, evitando la deriva greca dove il Pireo è ora cinese, ma questo attiene alla capacità del governo di tutelare gli interessi nazionali. La strada da percorrere consiste nell’intraprendere relazioni commerciali convenienti, proprio come quelle stipulate da Luigi Di Maio a Shanghai,” conclude.

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