A Firenze è stato aperto un nuovo fascicolo d’inchiesta sugli affari di Tiziano Renzi.
Questo è quanto racconta il magazine Panorama, portando alla luce nuove ombre sugli affari di Tiziano Renzi, imprenditore e padre dell’ex premier Matteo Renzi.
L’ipotesi di reato, questa volta, è il traffico di influenze. L’ipotesi dei pm ruota intorno a un personaggio già conosciuto nelle vicende che coinvolgono il padre dell’ex presidente del Consiglio: Luigi Dagostino, ex socio dei genitori di Renzi, arrestato nel giugno 2018 per fatture false e coimputato con i Renzi in un processo, iniziato lo scorso 4 marzo, per due fatture considerate false, pagate alla madre e al padre dell’ex segretario del Partito Democratico.
In particolare si tratta di due pagamenti, per un totale di 195mila euro, che l’imprenditore pugliese ha versato nelle casse della società Eventi 6, srl in cui i Renzi hanno ormai lasciato le cariche societarie, per la realizzazione di una struttura ricettiva all’interno del The Mall di Leccio Reggello.
Il fascicolo aperto, punterebbe al movente di quei versamenti, ovvero un’attività di lobbying di cui lo stesso Dagostino aveva proferito tempo fa con il quotidiano “La Verità”:
“Perché faceva parte del suo lavoro, quello della lobby. Era un’epoca, quella, dove incontravi un tale per strada e voleva stare con Renzi… Come l’arbitro che dà il rigore alla Juventus per condizionamento psicologico”.
Da quanto ricostruito da “Panorama”:
“La prima fattura dell’ammontare di circa 20mila euro viene indirizzata a Rignano sull’Arno il 17 giugno 2015. La data coincide il tour che l’imprenditore pugliese fa fare a tre persone: il magistrato Antonio Savasta, l’avvocato Ruggiero Sfrecola e il tributarista Roberto Franzé. Il primo arrestato nell’ambito di un’inchiesta per corruzione in atti giudiziari perché stando alle indagini evitò di indagare su Dagostino in cambio di un appuntamento con l’allora Sottosegretario del consiglio Luca Lotti: il pm aveva procedimenti disciplinari e penali a suo carico e voleva trasferirsi a Roma. Mentre stando a quanto rivela Panorama Franzé ha raccontato agli inquirenti fiorentini che nei primi mesi del 2015 l’imprenditore gli riferì che che si rinnovavano per scadenza naturale i consigli d’amministrazione di alcune società partecipate dallo Stato. Il traffico di influenze è già stato contestato nell’inchiesta Consip a Tiziano Renzi, ma per i pm di Roma, nonostante l’inattendibilità dell’indagato, non ci sono le prove di aver cercato denaro promettendo favori con la pubblica amministrazione”.