Lo sfogo di Fiammetta Borsellino: ‘A Caltanissetta c’era una Procura massonica, 25 anni di schifezze e menzogne’

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“A Caltanissetta c’era una Procura massonica, venticinque anni di schifezze e menzogne. Un balordo della Guadagna come pentito fasullo”.

Così Fiammetta Borsellino, ultimogenita del magistrato Paolo, ucciso nella strage di via D’Amelio 25 anni fa, si è sfogata in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, facendo nomi e cognomi: “la Procura nissena era guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo“.

“All’Antimafia – ha raccontato – consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio” infatti “nessuno si fa vivo con noi, non ci frequenta più nessuno, magistrati o poliziotti. Si sono dileguati tutti. Le persone oggi a noi vicine le abbiamo incontrate dopo il ’92. Nessuno di quelli che si professavano amici ha ritenuto di darci spiegazioni anche dal punto di vista morale”.

Poi, riferendosi al pm Nino Di Matteo, tra i magistrati di Caltanissetta che si occuparono dell’inchiesta sulla strage, ha detto: “io non so se era alle prime armi, e comunque mio padre non si meritava giudici alle prime armi, che sia chiaro”.

“Ai magistrati in servizio dopo la strage di Capaci – ha sottolineato la Borsellino – rimprovero di non aver sentito mio padre nonostante avesse detto di voler parlare con loro. Dopo via D’Amelio riconsegnata dal questore La Barbera la borsa di mio padre pur senza l’agenda rossa, non hanno nemmeno disposto l’esame del Dna. Non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine. Il dovere di chi investigava era di non alterare i luoghi del delitto. Ma su via D’Amelio passò la mandria di bufali”.

“Mio padre fu lasciato solo in vita e dopo. Dovrebbe essere l’intero Paese a sentire il bisogno di una restituzione della verità, ma sembra un Paese che preferisce nascondere verità inconfessabili” e “a mio padre stavano a cuore i legami tra mafia, appalti e potere economico. Questa delega gli fu negata dal suo capo, Piero Giammanco, che decise di assegnargliela con una strana telefonata alle 7 del mattino di quel 19 luglio. Ma pm e investigatori non hanno mai assunto come testimone Giammanco, colui che ha omesso di informare mio padre sull’arrivo del tritolo a Palermo” ha aggiunto.

2 COMMENTS

  1. Testimonianza terribile quella di Fiamnetta Borsellino che getta una luce sinistra sulla Procura di Caltanissetta e sulle logge massoniche che la governavano. Ora la Commisione Antimafia deve dare seguito a queste dichiarazioni e non lasciare sola la figlia come venne lasciato solo il padre.

  2. inutile girare intorno, lo sanno anche le capre chi è il colpevole e la prova schiacciante sono state le registrazioni di NAPOLITANO, fatte sparire, anche il cartaceo della deposizione è sparito, non esiste nulla perchè re GIORGIO fà parte degli intoccabili, è come l’agenda rossa di BORSELLINO, lui sa benissimo tutto, nomi e cognomi dei suoi complici, una persona,NAPOLITANO, che non si è fatto scrupolo di rubare 720 euro chiedendo il rimborso del biglietto aereo di 80 euro la richiesta fu di 800 euro, basterebbe solo questo per capire di che pasta lurida sia fatto quell’uomo che anche senza incarichi istituzionali ha ben 12 poliziotti maggiordomo, hotel a 5 stelle, spiaggia privata per molti km, auto personale con autista, 900.000 euro di pensione l’anno, ovvero la pensione di 150 pensionati a 6000 euro l’anno……. qualcosa non torna in questa democrazia italiana……

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