Coronavirus, Rezza: «Una parte di trasmissione intra familiare c’è. Noi non facciamo come in Cina»

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Nonostante le misure restrittive che hanno imposto agli italiani di rimanere a casa per contenere l’epidemia di coronavirus, i contagi non si fermano.

Un fenomeno che si verifica «per diversi motivi», ha spiegato Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, al programma di Rai Radio2 ‘Non è un Paese per Giovani’.

«Uno è che all’inizio c’è stata una coda di casi dovuta al fatto che il tempo di incubazione è più o meno lungo. Poi una parte di trasmissione intra familiare c’è. Noi non facciamo come i cinesi che separano i contatti familiari in strutture diverse. Noi spesso li teniamo a casa e questo non impedisce del tutto la trasmissione all’interno della famiglia», ha detto Rezza.

«Dopodiché abbiamo avuto grossi problemi di molti focolai tra operatori sanitari e in questo periodo in molte Residenze sanitarie assistite, le case di riposo per anziani, soprattutto in zone finora risparmiate. Purtroppo questo è un problema serio», ha concluso.

In un’intervista concessa a “Repubblica”, l’epidemiologo ha affermato che «forse» avrebbe «fatto alcune zone rosse in più in Lombardia, quando sono stati presi i provvedimenti per tutta Italia di certo hanno frenato la corsa del virus al centro-sud».

«Invece nei pochi giorni che alcune regioni del nord sono state chiuse e le altre no abbiamo visto le fughe da quelle aree. Per questo forse riaprire in modo scaglionato può non essere efficace. E poi la maggior parte delle attività produttive stanno proprio al nord. Che facciamo, lo apriamo dopo perché ha avuto una maggiore diffusione del virus?» ha aggiunto.

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