Piano influenzale del 2002: aveva previsto la pandemia ma è rimasto ignorato

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Nel documento, recuperato dall’AGI, ci si pone la domanda su quando ci sarà un nuovo contagio globale e la risposta è:

“Gli intervalli di tempo intercorsi tra le precedenti pandemie hanno oscillato tra gli 11 e i 42 anni, senza un andamento definito. L’ultima pandemia è avvenuta nel 1968/1969”.

Così si legge nel documento del piano pandemico del 2002, precedente a quello del 2006 in vigore a febbraio.

Il documento, riportato dall’AGI, è agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo che indaga sulle possibili responsabilità di Governi e Regioni sugli impatti della pandemia, in quanto era stato previsto un contagio globale nell’arco di 11 anni e la conseguente importanza della rete di medici di famiglia, che invece venne smantellata negli anni successivi.

“Non è possibile prevedere né il momento né il preciso impatto di una futura pandemia. La severità della malattia causata da un nuovo ceppo virale, la rapidità della sua diffusione e i gruppi maggiormente suscettibili nella popolazione sono tutti fattori ignoti. Tuttavia, ai fini della pianificazione, l’analisi delle precedenti pandemie può fornire informazioni preziose sulle possibili dimensioni dell’impatto” si prosegue.

“Le modalità di disseminazione geografica di una pandemia seguono l’evoluzione dei mezzi di comunicazione. Questo spiega perché le pandemie più recenti hanno fatto il giro del mondo più rapidamente delle precedenti. La rapidità di tale disseminazione potrebbe far credere che in caso di pandemia influenzale non ci sarà il tempo necessario per prendere le necessarie misure preventive e in particolare per l’allestimento di un vaccino monovalente. Tipicamente i nuovi virus influenzali sono comparsi in Estremo Oriente e di lì si sono diffusi nel resto del mondo” si legge ancora.

Viene sottolineato che i “medici di famiglia costituiscono uno degli elementi fondamentali della rete assistenziale che dovrà costituirsi per garantire un’efficace assistenza alla popolazione”, quindi è “impensabile che le strutture pubbliche o private possano garantire da sole una efficace assistenza. Ad essi compete, con la rete dei medici sentinella che si sta costituendo in tutte le Regioni, l’identificazione precoce dei primi focolai di infezione al fine di consentire l’attuazione tempestiva delle misure di intervento previste nelle prime fasi della pandemia. Sarà loro cura inoltre di identificare preventivamente i soggetti a rischio di maggiori complicanze sui quali si dovrà intervenire con la vaccinazione” e a loro, queste le indicazioni del piano, “spetterà il compito di contribuire a ridurre l’allarme della popolazione consigliando i pazienti e adottando tutti gli interventi sanitari che permettano di ridurre al minimo i ricoveri ospedalieri, che dovranno essere riservati solo i casi più gravi”.

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