Alcune vitamine possono ridurre il rischio di Covid nelle donne: lo rivela uno studio

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C’è un’associazione modesta, ma significativa, tra l’uso di integratori alimentari e minor rischio di contrarre l’infezione da coronavirus. Ma solo per le donne, infatti per gli uomini non è stato osservato alcun chiaro beneficio.

È quanto emerso dal più grande studio osservazionale finora condotto da un team internazionale di ricerca che ha coinvolto circa 446mila iscritti all’app Covid-19 Symptom Study, la piattaforma lanciata dalla società di scienza della salute Zoe all’inizio del 2020. 

Gli utenti – 372mila nel Regno Unito, 46mila negli Stati Uniti e 27mila in Svezia –  hanno risposto a una serie di domande, inclusi alcuni quesiti sull’uso di probiotici, multivitaminici, omega-3, vitamina C, vitamina D, aglio e zinco, e hanno fornito informazioni sui test diagnostici per Covid-19 a cui si sono sottoposti.

Nel Regno Unito, dove poco meno della metà dei partecipanti allo studio ha affermato di assumere qualche tipo di integratore, circa il 6,6 per cento di coloro che non faceva uso di alcun integratore è risultato positivo a Sars-Cov-2 . “Nella coorte del Regno Unito, gli utenti che integravano regolarmente la loro dieta con multivitaminici avevano il 13% di probabilità in meno di avere un test positivo in seguito all’assunzione di vitamina D, il 9 per cento in meno con i probiotici e il 12 per cento in meno con agli acidi grassi omega-3 – hanno evidenziato gli studiosi – . Non sono invece state osservate associazioni significative in coloro che integravano la dieta con vitamina C o zinco”.

L’analisi dei dati per genere ha indicato che negli uomini non c’era alcuna differenza legata all’assunzione di integratori, mentre questa variazione era presente nelle donne, indipendentemente dall’età e dall’indice di massa corporea (BMI). “Le donne che assumevano probiotici, acidi grassi omega-3, multivitaminici e vitamina D avevano un minor rischio di infezione in tutti i gruppi di età e le categorie di BMI, con un rapporto di probabilità (OR, 95 per cento CI) che variava da 0,73 (0,63 a 0,85) per i probiotici nelle donne di età inferiore ai 40 anni e fino a 0,91 (da 0,86 a 0,96) per la vitamina D nelle donne di età compresa tra 40 e 60 anni)”.

I dati relativi agli Stati Uniti e alla Svezia hanno però rivelato che gli integratori di acidi grassi omega-3 non sembravano aiutare le donne svedesi e, al contrario, che i probiotici e la vitamina D potevano essere di aiuto per gli uomini statunitensi.

I ricercatori che hanno richiesto l’autorizzazione per un ampio studio clinico, hanno affermato che sono necessarie “nuove indagini e studi randomizzati e controllati con placebo per confermare i risultati osservazionali prima di formulare raccomandazioni terapeutiche”.

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