Nei negozi di frutta milanesi, le ciliegie vengono vendute a 15 euro al chilo o addirittura a 20 euro al chilo, ma nei campi dove si raccolgono vengono pagate a 1 euro al chilo.
Così, un produttore pugliese, esasperato, ha scaricato le cassette appena raccolte per strada tra il Comune e la sede della Polizia Municipale. È accaduto a Casamassima, in provincia di Bari: “Non è possibile che queste ciliegie ci vengano pagate 1 euro al chilo — ha dichiarato l’agricoltore al Corriere del Mezzogiorno — per poi vedere che sugli scaffali vengono vendute a 15 euro al chilo. Siamo esasperati, questo è un prodotto che vale tanto ed è frutto di continui sacrifici”.
Nel merito, è intervenuta Coldiretti Puglia che ha parlato di gravi speculazioni in atto con “prezzi da fame” per le ciliegie pugliesi, al di sotto dei costi di produzione. “Sta crescendo la rabbia nei campi — ha affermato Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia — per un prodotto di stagione che piace tanto ai consumatori, ma subisce le speculazioni della lunga filiera della vendita e gli effetti delle importazioni selvagge da Spagna, Grecia e fra qualche giorno anche dalla Turchia”.
Secondo Muraglia “è impensabile che dopo un anno di lavoro per raccogliere un prodotto di qualità, gli agricoltori siano costretti a lasciare le ciliegie sugli alberi perché non conviene venderle” ha aggiunto.
Per Coldiretti sarà determinante l’approvazione definitiva in Parlamento della Legge di Delegazione europea contro le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nelle filiere agricole e alimentari, in modo da evitare che il ricorso alle offerte promozionali di una parte della Gdo “non venga scaricato sulle imprese di produzione già costrette a subire l’aumento di costi dovuti alle difficili condizioni di mercato”.
Le vendite sottocosto dovranno rispettare alcuni parametri a partire dal superamento dei costi medi di produzione elaborati dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea). La legge minaccia anche il meccanismo delle aste al doppio ribasso che provoca forti distorsioni: per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi in Italia vanno a remunerare il prodotto agricolo.
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