Gli scaffali dei supermercati italiani ed europei sono invasi dalle importazioni di prodotti extracomunitari ottenuti dallo sfruttamento del lavoro minorile. Alcuni esempi sono le banane dal Brasile, il riso birmano, le nocciole turche, i fagioli messicani, il pomodoro cinese e fragole dell’Argentina o i gamberetti tailandesi.
Lo ha denunciato la Coldiretti, sulla base della lista dei prodotti ottenuti dallo sfruttamento dei bambini stilata nella “List of Goods Produced by Child Labor or Forced Labor” del Dipartimento del Lavoro Usa per il 2020, in occasione della Giornata contro il lavoro minorile che si è celebrata il 12 giugno.
Secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, dal Sudamerica all’Asia fino all’Africa 112 milioni di bambini e adolescenti sono costretti a lavorare nella produzione alimentare, oltre il 70 per cento del totale. Vengono impiegati per la coltivazione o la produzione di molti cibi, a volte addirittura spacciati per italiani a causa della mancanza dell’obbligo dell’etichettatura d’origine che interessa ancora circa un quinto della spesa alimentare.
In realtà l’Unione Europea, sottolinea la Coldiretti, non solo lascia entrare senza ostacoli sul proprio mercato prodotti alimentari ottenuti dallo sfruttamento dei minori, ma in alcuni casi li agevola attraverso accordi commerciali preferenziali per precisi interessi economici.
A preoccupare, continua la Coldiretti, è l’accordo di libero scambio che l’Unione Europea sta trattando con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) su alcuni dei quali gravano pesanti accuse del Dipartimento del lavoro Usa per sfruttamento del lavoro minorile per prodotti che arrivano anche in Italia. Per l’Argentina sono stati segnalati preoccupanti casi nella produzione di uva, fragole, mirtilli e aglio, per il Brasile invece l’allevamento bovino e quello di polli, le banane, il mais il caffè, mentre per il Paraguay lo zucchero di canna, i fagioli, la lattuga.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro e la salute”, ha detto il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando che “l’importanza di consentire ai cittadini scelte di acquisto consapevoli estendendo a tutti gli alimenti l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza entrata in vigore nel febbraio 2018 che pone l’Italia all’avanguardia in Europa”.