Pensioni, per superare quota 100 l’ipotesi quota 41: come funziona

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Si stanno valutando varie alternative a Quota 100, una di queste riguarda l’introduzione di quota 41, ovvero la possibilità di andare in pensione per tutti i lavoratori che hanno versato almeno 41 anni di contributi indipendentemente dall’età.

Questa sarebbe tuttavia la proposta più costosa tra quelle che l’Inps sta analizzando, come ha spiegato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in occasione della relazione annuale dell’istituto di previdenza. Costerebbe, infatti, 4,3 miliardi nel 2022 fino ad arrivare a 9,2 a fine decennio, corrispondenti “allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo”.

La relazione traccia anche un bilancio sulla quota 100 in questi anni: “Ha permesso il pensionamento anticipato di 180.000 uomini e 73.000 donne nel biennio 2019-20, mentre Opzione Donna ha portato circa 35.000 pensionamenti nello stesso periodo” ha fatto sapere Tridico.

L’anticipo pensionistico è stato utilizzato prevalentemente da uomini, da soggetti con reddito medio-alti e soprattutto da dipendenti pubblici. La sperimentazione della quota 100, però, non ha avuto l’esito desiderato per quanto riguarda l’impatto occupazionale, infatti i pensionati non sono stati sostituiti con i lavoratori giovani come era stato previsto: “Un’analisi condotta su dati di impresa non mostra evidenza chiara di uno stimolo a maggiori assunzioni derivante dall’anticipo pensionistico”, ha detto il presidente.

In merito alle pensioni nel loro complesso, gli assegni medi mensili degli uomini sono pari a 1.897 e superano nettamente gli importi previsti per le donne, la cui media si attesta solamente a 1.365 euro. Al Centro-Nord le pensioni medie superano i 1.700 euro, mentre al Sud e nelle Isole sono pari a 1.400. In Italia i pensionati al 31 dicembre 2020 erano circa 16 milioni, di cui 7,7 milioni di uomini e 8,3 milioni di donne.

Per quanto riguarda gli occupati, la relazione ha attestato che in Italia sono scesi tra l’ultimo trimestre del 2019 e il primo trimestre del 2021 del 2,8 per cento, con un calo che durante la pandemia di Covid ha riguardato soprattutto gli indipendenti (-5,1 per cento), mentre per i lavoratori dipendenti il calo è stato del 2,1 per cento. I licenziamenti si sono dimezzati: da circa 560mila di media dei due anni precedenti a 230mila tra marzo 2020 e febbraio 2021. Secondo le stime dell’Inps i posti di lavoro preservati grazie al blocco dei licenziamenti potrebbero essere stimati in circa 330mila e riguardano soprattutto le imprese con meno di 15 dipendenti.

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