Pensioni Quota 100, Tridico: «Per il dopo non partiamo da zero»

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Pensioni, cosa succederà dopo la fine di Quota 100, il prossimo 31 dicembre?

A questa domanda ha risposto Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, che nel proprio Rapporto annuale aveva evidenziato i limiti di questa misura.

«La nostra è la prima analisi di quota 100, dopo due anni e mezzo di applicazione. L’anticipo è stato usato soprattutto da lavoratori maschi, nel settore pubblico e con redditi medio alti. E non sembra che abbia prodotto l’auspicato ricambio generazionale», ha spiegato Tridico in un’intervista al ‘Messaggero’.

«Per il dopo non partiamo da zero. Esistono già nel sistema varie forme di anticipo, sulle quali bisognerebbe concentrarsi. I sindacati dicono di volere la flessibilità e propongono Quota 41 ma questa in realtà è una forma di rigidità, come del resto lo era Quota 100. Se si stabilisce una quota senza differenziare rispetto a lavori concreti e carriere viene fuori una misura iniqua. Quota 41 è iniqua ad esempio per le donne o i gravosi, oltre ad essere molto costosa per il bilancio dello Stato», ha fatto sapere.

Quota 41, ha spiegato il numero uno dell’INPS, può costare «fino a 9 miliardi l’anno, partendo da oltre 4 subito».

«Abbiamo uno strumento, l’Ape sociale, che andrebbe rafforzato facendo entrare altre categorie degne di protezione, ma sulle base dell’effettiva gravosità delle singole mansioni. E questo all’interno di un sistema contributivo che ormai è la regola. Nella visione della flessibilità io avevo proposto anche un doppio canale, uscita a 63 anni con la quota contributiva mentre la pensione completa scatterebbe ai 67. Un meccanismo del genere porterebbe sostenibilità per i conti pubblici e flessibilità; ma se non lo si adotta allora la via è quella degli interventi chirurgici come appunto l’estensione dell’Ape sociale e delle regole per i lavori usuranti», ha affermato Tridico.

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