Ieri «Pfizer ha pubblicamente annunciato i risultati del trail clinico del vaccino contro SARS-CoV-2 nei bambini tra i 5 e gli 11 anni di età. Lo studio ha coinvolto oltre 2.200 bambini negli USA — tra cui, e lo dico con grande orgoglio, anche mio figlio Nicholas di quasi 11 anni. Ricordiamo che il dosaggio del vaccino è di due dosi da 10 microgrammi (un terzo della dose per adulti) fatte a tre settimane di distanza tra loro. I principali risultati dello studio indicano una efficacia nel generare anticorpi neutralizzanti il virus pari a quella dimostrata dallo stesso vaccino nella fascia di età superiore e la sostanziale assenza di effetti collaterali non rari (quelli rari non potrebbero emergere in questo tipo di trial clinico)».
Lo ha scritto in un post su Facebook l’immunologo Guido Silvestri, capo dipartimento di Patologia all’Università Emory di Atlanta e co-fondatore della pagina Facebook ‘Pillole d’ottimismo’.
«Pfizer sta trasmettendo questi dati a FDA e ci aspettiamo una autorizzazione per uso emergenziale entro fine ottobre 2021. Questo studio è una tappa essenziale nella grande marcia verso la vaccinazione universale contro COVID-19, che riteniamo necessaria sia per ridurre sempre più i danni causati da questo virus molto trasmissibile e clinicamente insidioso, e sia per eliminare una volta per tutte ogni tentazione di affrontare questa malattia con interventi “non-farmacologici” (le cosiddette chiusure) di efficacia modesta ed effetti collaterali enormi», ha concluso l’esperto.
La balle continuano a rotolare e tanti le parano anche.
Poiché tutti gli ultimi studi dimostrano che i guariti sono difesi più a lungo, in modo più robusto anche dalle varianti, e non sono vittime dell’ADE, che porta a morte a volte i vacxin@ti da mesi senza problemi che incontrano normali ceppi influenzali, la conclusione è che è meglio ci si ammali tutti, anche leggermente, (all’inizio è sempre lieve) ci si curi immediatamente e si creino risposte immunitarie innate.