Pensioni: a causa del calo del Pil, nel 2021 valore svalutato

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Le pensioni verranno “svalutate” a causa del calo del Pil

Il calcolo, effettuato dall’Istat, si basa sul “valore del tasso annuo di capitalizzazione” ai fini della valutazione del montante contributivo, che risulta influenzato dagli andamenti del Pil, parametrati sui cinque anni precedenti.

Il tasso medio annuo composto di variazione del Pil nominale, tra il 2016 e il 2020, è stato negativo, dunque nel 2021, il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo per le pensioni sarà inferiore a uno.

Lo ha comunicato in una nota il ministero del Lavoro: “Il tasso medio annuo composto di variazione del Pil nominale, nei cinque anni precedenti il 2021, risulta pari a -0,000215 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione è pari a 0,999785”. Nel 2020 il Pil è calato dell’8,9 per cento.

Il coefficiente era sceso sotto quota uno soltanto nel 2014, anno in cui il tasso di rivalutazione era di 0,998073. I sindacati però erano riusciti a scongiurare la diminuzione di valore delle pensioni, chiedendo un intervento del governo, e anche quest’anno è stata avanzata la stessa richiesta.

In particolare, il tasso di rivalutazione inferiore a 1 determina una perdita di valore del montante contributivo, che rappresenta il 33 per cento dell’importo pensionistico. Ma essendo la flessione in negativo molto leggera, anche le perdite non dovrebbero essere consistenti.

Per la previdenza potrebbero essere stanziati cinque miliardi di euro. Per quanto riguarda il superamento di Quota 100, il presidente Inps Pasquale Tridico, in audizione alla Camera martedì 12 ottobre, ha proposto l’uscita anticipata dal mondo del lavoro a 63 o 64 anni, incassando solo la pensione contributiva maturata fino ad allora (Ape contributiva). Per la quota retributiva, bisognerebbe aspettare i 67 anni.

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