Sono riusciti a incassare 20 milioni di euro di reddito di cittadinanza e reddito di emergenza, ma sarebbero arrivati a lucrarne addirittura 60 milioni se giovedì mattina non fossero stati fermati dalla Procura di Milano e dalla Guardia di Finanza di Cremona e Novara, con 16 arresti ordinati dalla gip Teresa De Pascale su richiesta del pm Paolo Storari per le ipotesi di reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, associazione a delinquere ed estorsione.
Si tratta di una banda di ideatori romeni che con alcuni italiani — in parte complici, in parte vittime di estorsione — in alcuni Caf-Centri di assistenza fiscale abilitati alle pratiche per le richieste di sussidio hanno messo in atto la truffa.
L’inchiesta del pool reati pubblica amministrazione coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ritiene infatti di avere documentato come gli arrestati si presentassero in questi Caf con i codici fiscali di centinaia di romeni per volta, asserendo semplicemente che costoro esistessero, fossero residenti in Italia da 10 anni e avessero i titoli per usufruire del reddito di cittadinanza.
In alcuni casi gli italiani di questi Caf erano consapevoli della truffa, e la assecondavano visto il compenso di 10 euro riconosciuto loro dall’Inps per ogni pratica; in altri casi (quando si rifiutavano) venivano fatti oggetto di estorsioni. L’inchiesta dimostra come l’attuale assetto del reddito di cittadinanza e di emergenza difetti di un minimo di controlli prima dell’avvio della erogazione del sussidio, quantomeno sull’esistenza reale degli apparenti richiedenti e sulla loro residenza reale in Italia.
quando il sottoscritto ha espresso i suoi dubbi sulla incapacità dello stato di scoprire i furbetti molti mi hanno deriso