Potrebbe arrivare una nuova pandemia, provocata dalla cosiddetta «resistenza agli antimicrobici», ovvero ad antibiotici, che sono farmaci contro i batteri, ad antivirali, che servono a combattere i virus, e ad anti-fungini il cui obiettivo è distruggere i funghi. Anche i farmaci antitubercolari sono sempre meno efficaci, visto che la tubercolosi è fuori controllo, soprattutto nei Paesi emergenti.
L’Organizzazione mondiale della sanità aveva messo in luce il problema da tempo, e lo ha ripreso nella “World antimicrobial awareness week” dal 13 al 19 novembre , che vede il clou in Europa il 18 novembre con l’European antibiotic awareness day per il corretto uso di questi farmaci.
L’Amr è responsabile, ogni anno, di circa 700mila decessi nel mondo: 33mila nell’Unione Europea (di cui poco meno di un terzo in Italia) che potrebbero arrivare, in assenza di azioni efficaci di contrasto, a 10 milioni nel 2050, più dei decessi dovuti a cancro, diabete e incidenti stradali. L’Italia, fra i Paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), detiene anche il primato negativo, in termini di Dalys (un parametro che valuta gli anni di vita persi per una determinata malattia o vissuti con disabilità): si stima che, nel 2050, fino a una persona su 105 potrebbe perdere un anno di vita in buona salute a causa dell’Amr.
Di queste tematiche si è discusso in un convegno a Roma dal titolo «Planetary health e Amr», organizzato da European House – Ambrosetti, che si è concentrato in particolare su due aspetti. Il primo: come, da oggi in avanti, qualsiasi intervento di salute che riguardi l’uomo (compresa la lotta contro l’Amr), non può prescindere dalla visione «one health», cioè dal tener conto della salute di uomini e animali, contemporaneamente. Si deve andare verso una prospettiva più ampia: quella della “planetary health” (definizione coniata nel 2105 dall’americana Rockfeller Foundation e dalla rivista inglese Lancet) che prende in considerazione, accanto all’uomo e agli animali, il loro rapporto con l’ambiente. Molte patologie, e non solo quelle infettive, derivano da un alterato equilibrio fra uomo-animali- ambiente. Il secondo aspetto è: come, anche grazie all’esperienza di Covid, si può affrontare questa nuova sfida?