«È l’attuale sistema elettorale che fa sopravvivere il “bipolarismo bastardo”. Un bipolarismo che forse fa vincere sì ma, a condizioni date, impedisce di governare. Nessuno dei due poli, nell’attuale configurazione, sarebbe in grado di sostenere e perseguire l’agenda Draghi-Mattarella, che è l’unico programma in grado di trasformare l’Italia».
Così in un’intervista al Corriere della Sera il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta.
Alla giornalista che gli fa notare come Enrico Letta pensi di sì, il ministro risponde: «Ma come può farlo una coalizione costruita sul perimetro dell’Ulivo, il “campo largo” che ancora immagina Letta, ma che di fatto non c’è più, dopo la scissione nei Cinque Stelle? Peraltro, di fronte alle grandi transizioni che ci attendono, quel modello sarebbe, oggi più di ieri, ostaggio delle resistenze ideologiche al cambiamento e alle alleanze internazionali».
Brunetta si chiede «perché affannarsi a pensare a nuovi centri, al centrodestra unito, al campo largo, formule che richiedono dosi sempre maggiori di bandierine ideologiche da piantare e che ci portano fuori strada come sta succedendo da troppo tempo, quando è chiaro, documentato, il successo dell’esperienza che stiamo vivendo?»
«Quando esiste già un programma riformista, riconosciuto dall’Europa, di cinque anni e oltre? Quando c’è già una maggioranza solida e molto ampia a sostenerlo e a portarlo avanti da un anno e mezzo? Ogni altra astrusa alchimia è lontana dai bisogni reali del Paese, oltre che dalla comprensione della gente», afferma.
Perché non tornare alla dialettica centrodestra-centrosinistra? «Perché non è con un ingannevole bipolarismo bastardo che si fa il bene del Paese. E perché questa formula, ormai superata, produce ingovernabilità: in questa legislatura abbiamo visto nascere tre governi, e quello con vita più lunga è proprio l’ultimo, di quasi unità nazionale, figlio manifesto del fallimento del bipolarismo», è la replica dell’esponente azzurro.