Per Giuseppe Conte si potrebbe utilizzare e sarebbe quanto mai appropriata la definizione di uomo politico del ‘penultimatum’ (copyright by Giulio Andreotti).
Lo scorso 7 giugno Conte aveva solennemente dichiarato: “Basta armi italiane all’Ucraina”. La motivazione era la seguente: ‘Il M5S, collocandosi dal lato dell’Ucraina senza se e senza ma, ha subito detto che quel Paese andava sostenuto: adesso credo che l’Ucraina sia stata sostenuta a sufficienza, anche in termini di aiuti militari. L’Italia quella che doveva fare l’ha fatto. Ci sono altri Paesi, come USA e Gran Bretagna, che stanno continuando a rifornire di armi l’Ucraina. Noi, come Italia, dobbiamo concentrarci sulla capacità di dialogare. Dobbiamo essere la punta più avanzata della comunità internazionale per cercare di arrivare alla pace con la forza del dialogo politico’.
Precedentemente, il 12 maggio si esprimeva in questi termini: “Dopo il terzo decreto basta armi, abbiamo già dato”. A suffragare la sua affermazione procedeva così: ‘”Credo che dopo un terzo decreto di invio di armi all’Ucraina avremo già dato come Italia un contributo sufficiente avendo fatto la nostra parte: ora dobbiamo caratterizzarci per essere in prima linea su un altro fronte, quello di spingere fortemente per un negoziato ed una soluzione politica’.
Si potrebbero riportare una selva di dichiarazioni di Conte sempre dello stesso tenore.
Ma arrivato il momento della verità della decisione, il voto in Parlamento, della reiterata affermazione di Conte non è rimasto nulla in piedi e il Movimento 5S, da lui capeggiato, ha votato secondo le indicazioni del Capo del Governo Draghi.
Si è trattato di una resa incondizionata alla posizione del Governo.
Sul decreto Aiuti la posizione di Conte sembrava fermissima, ma poi alla Camera la fiducia al Governo è passata con il consenso del deputati dei 5Stelle che fanno capo a Conte.
Conte se l’è cavata con un rinvio al Senato per la decisione finale: «Al senato vedremo».
Conte appare sempre più in balia degli umori del momento.
Non appare avere un pensiero politico chiaro, tanto meno una linea politica ferma e coerente, mentre invece ciò che emerge in ogni occasione in cui bisogna prendere una decisione difficile è la sua totale mancanza di leadership.
Molti dei suoi stessi fedelissimi gli rimproverano l’incapacità di guidare il Movimento 5S con visione chiara e mano ferma.
La risultante di questa che appare ormai come una sua caratteristica strutturale difficile da cambiare è la continua perdita di consenso del movimento di cui è capo politico.
Ad allarmare i suoi più vicini a lui che vedono sempre più materializzarsi la impossibilità di rientrare in Parlamento anche se potessero godere di una deroga al vincolo di non poter andare oltre le due legislature è la tendenza inesorabile alla perdita di una chiara identità politica.
Senza identità politica non si prendono voti: questa verità lapalissiana tormenta e dilania quel che resta dei 5Stelle.
Infatti il consenso personale che gli accreditano i sondaggi, che lo vedono in cima subito dopo Draghi, appare con sempre più evidenza un apprezzamento sul piano della simpatia, ma che non diventa consenso politico in grado poi di tramutarsi in voto.
Tutte le votazioni tenutesi con lui come capo politico si sono rivelate un disastro, fino a far toccare punte dello 0,% laddove il M5S nelle precedenti elezioni locali raggiungeva punte di oltre il 20%.
Anche quello che veniva considerato l’organo di stampa ufficioso di Conte, Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, sembra diventare sempre più perplesso nel supportarlo.
Tanto che ha dato non poca evidenza a un’affermazione di Di Battista, in viaggio in Russia come reporter del Fatto. Il titolo del Fatto non ha remora a enfatizzare un’affermazione ironicamente abrasiva di Di Battista su Conte, anche se il suo nome non viene pronunciato: “Incontro Draghi-Conte, Di Battista: “E anche oggi il M5s esce dal governo domani”.
ma sarebbe sufficiente cambiare modalità, invece delle armi dessero i soldi per aiuti umanitari, poi se Zelensky o chi per lui li utilizza per acquistare armi saranno affari loro!
Forse perché i soldi italiani finirebbero nelle tasche delle industrie belliche straniere americane, francesi, tedesche, inglesi ecc… allora perché non le italiane?