Santoro: “La guerra ha messo a nudo la debolezza della politica italiana: ci siamo accodati alle decisioni americane”

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“La guerra ha messo a nudo la debolezza della politica italiana: senza dibattito tra le forze politiche ci siamo accodati alle decisioni americane. Per me il conflitto in Ucraina è stato un punto di svolta, mi sono sentito senza alcuna rappresentanza”.

Lo ha detto Michele Santoro, che ha presentato il suo nuovo libro intitolato “Non nel mio nome”, edito da Marsilio e disponile dal 30 agosto.

L’ultima fatica editoriale del giornalista “è una manifestazione sentimentale per me, è un messaggio di fiducia, per farla ritrovare a chi l’ha persa. Poi chissà, se attorno alle mie idee si riuniranno più persone, allora forse si potrebbe dar vita anche a un programma politico”, ha detto Santoro in un’intervista all’ANSA, “la sensazione che provo io è è comune a una parte importante della società italiana, sicuramente ad alcuni settori più marginali sotto il profilo economico sociale, ma anche a molti intellettuali che si sentono privi di un punto di riferimento politico. A questo senso di vuoto abbiamo reagito in passato turandoci il naso con un voto utile o votando il meno peggio. Ora con la guerra si è creato un abisso”. Amareggiato per aver ricevuto più volte esponendo le sue idee, in primis il netto no all’invio di armi in Ucraina, l’accusa di essere “filorusso” o “putiniano” (“la cosa più dolorosa è esser stato etichettato come indifferente ai massacri russi e alla responsabilità di Putin”, dice), il giornalista sottolinea l’impossibilità di un dibattito costruttivo: “le persone che la pensano come me sono di fronte a un muro, c’è una barriera profonda. In fondo chi è favorevole all’invio di armi può comunque provare a capire chi non lo è, si tratta di due sensibilità diverse”, afferma, “le mie posizioni non sono poi troppo lontane da quelle di Papa Francesco, ma è più facile polemizzare con me che con lui”. Le elezioni saranno una svolta? “Non faccio appelli al non voto, a questo punto è una scelta individuale. Andrò al seggio come sempre e lì deciderò se annullare o mettere la croce su qualche lista per disperazione.

Ormai abbiamo spostato sempre più in area virtuale una dialettica sociale: il dibattito non attraversa luoghi reali, come periferie o fabbriche. C’è uno scollamento tra il nostro io virtuale e quello reale”

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