«La prospettiva di una guerra che finisca a breve si allontana nel momento in cui vengono immesse ingenti quantità di carri armati, che non possono però essere immessi in maniera automatica».
Lo ha detto in un’intervista a Il Giornale il generale Marco Bertolini, il quale nei giorni scorsi aveva lanciato l’allarme dicendo che «ci stiamo rassegnando all’entrata in una guerra che con noi non c’entra niente».
«Ci sono dei tempi per l’afflusso e c’è anche un problema di munizionamento in quanto i carri che si vogliono mandare sono completamente diversi l’uno dall’altro», ha spiegato il militare.
«Questo però sta a significare che la Nato si sta impegnando direttamente. Ufficialmente, non ancora con i suoi uomini, però sicuramente con le proprie forze. C’è poi una cosa paradossale: la Nato dice che non ci dobbiamo preoccupare di rispettare le prescrizioni dell’Alleanza sugli armamenti se si tratta di darli all’Ucraina perché Kiev ha la priorità su tutto. Ecco: se è l’Alleanza a dire quali sono le priorità nazionali in termini di Difesa, questo sta a significare che ogni residuo di sovranità è ormai perso», ha avvertito Bertolini.
Alla domanda se si arriverà mai a uno scontro diretto tra Nato e Russia, il generale risponde: « Lo scontro tra Nato e Russia è già in corso. Purtroppo, le guerre non seguono più l’etichetta di una volta secondo cui viene fatta una dichiarazione formale. Noi non stiamo impiegando il nostro personale e speriamo che ciò non succeda mai. Ma il lessico che usiamo è un lessico di guerra. Se noi, anziché auspicare una ricomposizione tra i contendenti, vogliamo che uno vinca e che l’altro perda e consideriamo una sconfitta per noi stessi la vittoria di uno dei due, è chiaro che noi partecipiamo al conflitto, non solo con le nostre armi e con le sanzioni che sacrificano la nostra economia. Si tratta di un crescendo: si è iniziato con le sanzioni, il sequestro dei beni dei russi, poi le armi di difesa e quelle di maggior impatto».
Bertolini si chiede infine: «Ora parliamo di carri e di Samp-t, una risorsa limitata per noi, un gioiellino che l’Italia dovrebbe tenere per sé. Se tra cinque o sei mesi ci chiederanno i nostri specialisti, sapremo dire di no?».