Matilda De Angelis è Lidia Poet, su Netflix la serie sulla prima avvocata italiana

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(Agenzia DIRE) Nell’Ottocento le donne erano ritenute inadatte al lavoro in tribunale. Finché non è arrivato il personaggio al centro della nuova serie Netflix. Dal 15 febbraio sulla piattaforma debutta ‘La legge di Lidia Poët’, ispirata alla vera storia della prima avvocata italiana ad entrare nell’Ordine degli Avvocati qui interpretata da Matilda De Angelis. Non una serie manifesto, ma una commedia con tinte di giallo su un’eroina pop con una laurea in legge e un’iscrizione all’albo dichiarata illegittima da una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Nel frattempo si appoggia a suo fratello (Pier Luigi Pasino), anche lui avvocato “perché non è elegante che una donna entri in tribunale”. Lo show in 6 episodi – prodotto da Matteo Rovere, una produzione Groenlandia – è creata da Guido Iuculano e Davide Orsini.

Lidia Poët “è un personaggio che parla al nostro tempo, è portatrice di un tema complesso da raccontare. Tutt’oggi – ha dichiarato Matteo Rovere, in occasione della presentazione al Cinema Massimo di Torino – la parità di genere è un tema lontano da ritenere valido. La parità è un risultato da ottenere ma che non abbiamo raggiunto, non ci siamo nemmeno avvicinati. Lidia – ha concluso – rappresenta il progresso che preme ogni situazione storica. La portiamo in un mondo lontano dal nostro ma parla come una persona del nostro tempo”.

Un personaggio ipermoderno nato nel secolo sbagliato. Un momento storico in cui i dibattiti su avvocato o avvocata/avvocatessa erano lontanissimi. “È una donna che ha fatto la storia del femminismo e non solo. Importante portare alla luce la sua storia ancora troppo poco conosciuta”, ha detto Matilda De Angelis.

“Oggi c’è una disparità salariale. Non faccio i conti in tasca agli altri, ma sono fatti noti. All’estero, più che da noi, queste cose vengono denunciate. Ma non solo nel mio mondo, anche in altre professioni. Alcune discriminazioni – ha proseguito l’attrice – sono interiorizzate, sono nella nostra cultura. Per esempio alcuni epiteti accompagnano le donne e mai gli uomini. Io subisco poco le discriminazioni, sono sempre abituata a rispondere perché sono una grande testa di ca**o”.

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