Montanari: «L’idea che Sanremo sia pagato con le tasse pubbliche o che Benigni venga retribuito con 300mila euro, a me sembra repellente»

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Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, torna ad affrontare il tema Sanremo in un’intervista a La Notizia Giornale dopo aver duramente criticato Roberto Benigni per il suo monologo sulla Costituzione in apertura del Festival.

Secondo il professore, il servizio pubblico «esce malissimo» dall’ultima kermesse di Sanremo: «Siamo arrivati al paradosso che il Presidente della Repubblica è stato invitato all’insaputa del Presidente e dell’Amministratore delegato della Rai, invitato dall’agente di Benigni e dal conduttore», ha spiegato. «Un circuito privato che domina sul servizio pubblico e che è la prova provata che qualcosa non funziona. Tra l’altro parliamo di Sanremo, un evento che non ha nulla a che fare con il servizio pubblico perché non è né educativo né culturalmente elevato e che starebbe bene su una rete privata. Parliamo di un baraccone e di una fabbrica di scandali».

Inoltre, ha aggiunto Montanari, «l’idea che Sanremo sia pagato con le tasse pubbliche o che Benigni venga retribuito con 300mila euro, a me sembra repellente».

Montanari, in un commento per il Fatto Quotidiano della scorsa settimana, aveva ricordato che la forza di Sanremo è di essere «sempre, nel bene e nel male, lo specchio fedele dello stato delle cose. Ed è innegabile che l’imbarazzante rappresentazione della nostra eterna società di corte, col sovrano benedicente in persona e l’aedo osannante, sia stata terribilmente efficace: proprio perché capace di raccontarci per come siamo veramente, al di là delle intenzioni dei protagonisti».

«Per la stessa ragione» – aveva spiegato – «il preteso inno d’amore di Roberto Benigni è stato così imbarazzante: perché la Costituzione è tutto tranne che uno strumento di celebrazione del potere costituito».

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