«Trovo avvilente la trasformazione di una città martire come Kiev in un set cinematografico globale, dove si va a rappresentare se stessi e a lavorare per ottenere qualche voto in più alle elezioni o per fare qualche punto nel gioco delle alleanze internazionali. Quello è un popolo massacrato, bisognerebbe piegarsi sulla loro sofferenza e non utilizzarla come scenario per comparsate».
Così intervenendo a Omnibus (La7) lo storico Marco Revelli.
«Se si continua su questa strada, che ormai viene percorsa da quasi un anno e che punta esclusivamente sulle armi, si finisce nell’abisso, cioè in un conflitto sempre più ampio destinato a prolungare l’escalation, che già in corso e che in questi giorni ha subito un’accelerazione. Così si arriva a un conflitto generale in cui si confrontano potenze nucleari che mettono serissimamente a rischio la sopravvivenza dell’umanità. E questo fatto non può essere omesso, ma viene regolarmente cancellato nel dibattito», ha aggiunto.
Lo storico ha citato poi il giornalista Domenico Quirico, ospite della trasmissione: «Ci ha dato una straordinaria lezione sull’orrore della guerra, che cancella ogni traccia di umanità e di bontà: in guerra non vincono i buoni, non ci si può permettere di essere buoni perché altrimenti si muore. E questa verità l’ho sentita fin da bambino nei racconti di mio padre. Ecco perché le guerre devono essere messe al bando e il lavoro di chi sta dalla parte della pace è così arduo e difficile, ma anche così importante. Bisognerebbe impedire che le guerre nascessero e, quando nascono, si deve cercare di farle finire il prima possibile, perché altrimenti anche i migliori ne vengono travolti».
mia modesta opinione, nessun abisso! Non conviene a nessuno utilizzare armi non convenzionali, usare atomiche anche definite tattiche significherebbe non avere vincitori, sarebbe l’ultima e definitiva guerra su questo pianeta abitato da una specie animale aliena, l’essere umano!
Come finirà? Semplicemente chi subirà più danni economici e politici, il più esposto tra i contendenti è l’ottocentesco Putin, essendo una guerra economica il PIL russo è minore e più debole della somma dei PIL dei Paesi che formano la NATO oltre le nazioni filo-occidentali che partecipano o parteciperanno nel prossimo futuro se necessario.
Se arrivasse al popolo russo la verità, che questa guerra non è scoppiata contro di loro ma contro un dittatore sanguinario culturalmente arretrato, il popolo reagirebbe e insieme agli oligarchi lo scalzerebbero dal potere.
Azzardo una considerazione, Putin ha già perso, anche se otterrà la resa o un armistizio di lungo termine con nuove frontiere nelle regioni conquistate, al caro prezzo di miliardi di rubli e oltre 200.000 soldati russi morti per soddisfare il suo ego sanguinario da ex sovietico, un prezzo elevatissimo per annettersi un territorio di poche decine di migliaia di chilometri quadrati devastato da ricostruire interamente con altri MLD di rubli.