«Eravamo tutti al buio nelle prime due settimane: è chiaro che oggi, con le conoscenze acquisite, la vediamo in maniera diversa, ma andare a sindacare sulle decisioni prese allora è un esercizio profondamente sbagliato. Vogliamo leggere la pandemia nella gestione complessiva dei tre anni? Facciamolo, ma non mettendo sul banco degli imputati chi in quel momento ha preso le decisioni».
Così Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive presso il Policlinico San Martino di Genova, intervistato dal Corriere della Sera sulla gestione dell’emergenza nelle prime fasi della pandemia.
«Piango le vittime, ma mi chiedo: ci sono state solo a Bergamo, perché è dove abbiamo visto le bare sfilare per strada? Ci sono morti di serie A e di serie B? Abbiamo contato i morti non perché qualcuno ha sbagliato, ma perché è arrivato un virus sconosciuto. Mettere qualcuno sulla graticola è sbagliato e rischioso», ha aggiunto il professore.
«Secondo me si sta buttando benzina sul fuoco dei negazionisti e dei no vax, perché oggi prendono l’indagine (della Procura di Bergamo, ndr) come una vittoria. Questa indagine temo che incentiverà anche la “medicina di difesa”: nessuno si prenderà la responsabilità di decidere in mancanza di certezze. Non conosco il virus, allora non darò alcun trattamento e non prenderò decisioni se non ci sono evidenze, per il timore di essere inquisito. È un pericoloso precedente sanitario / medico. In medicina, però, le intuizioni hanno cambiato la storia», ha sottolineato.
C’è un prima e un dopo nella valutazione degli errori? «Dopo l’impianto dell’inchiesta di Bergamo mi sono convinto che sia giusto fare una commissione parlamentare bicamerale dove si sentano scienziati e punti di vista differenti, non sui primi 15 giorni drammatici, però, ma sull’intero periodo pandemico. Fare un’analisi dei processi che hanno portato alle scelte, per fare in modo che gli errori non si ripetano più, piuttosto che trovare i colpevoli», ha risposto Bassetti.