«Negli anni ’90 ha svenduto l’argenteria del nostro Paese».
Cos’ Domenico De Masi, ospite de La Confessione di Peter Gomez, con riferimento all’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi.
L’esperto ha ripercorso la storia dell’Iri, l’Istituto per la ricostruzione industriale, dicendo: «È interessante che tutti parlino male dell’Iri. Significa che è avvenuto proprio quello che io penso. – ha premesso – L’Iri è stata una struttura creata quando le banche negli anni Trenta chiesero prestiti allo Stato. E lo Stato, che era forte, diede i prestiti, però in cambio si prese le azioni e diventò proprietario di queste aziende. Le aziende andavano molto, molto bene. Andavano meglio quando erano Iri, che non quando sono state privatizzate», ha spiegato
Dal punto di vista storico però, secondo De Masi, «l’Iri era una bestemmia economica. Non solo molte aziende erano di Stato, non solo l’80% delle banche erano di Stato, ma c’era il più grande partito comunista d’Occidente. Quindi, l’Italia era un’eresia, non solo in Europa, ma in tutto l’Occidente».
Riguardo a Draghi, De Masi ha detto: «Fu mandato un giovane economista, un brillantissimo italiano, che aveva studiato al Mit, si era specializzato lì, fior fiore del neoliberismo. Fu mandato lì dal ’91 al 2001. Per dieci anni fu il segretario generale del ministero del Tesoro, poi presidente della Commissione per le privatizzazioni. Il 2 giugno del 1992 arrivò a Civitavecchia il Britannia della regina Elisabetta con sopra il fior fiore dei finanzieri mondiali».
«Il nostro giovane segretario generale del Tesoro salì sullo yacht, fece un discorso bellissimo in cui in sintesi disse: ‘Avete l’argenteria del nostro Paese a vostra disposizione. Approfittatene‘. L’astuzia di questo giovane, che io ammiro proprio per la sua astuzia quasi luciferina, è che fece fare la cosa più di destra, cioè le privatizzazioni, a quattro governi di sinistra: il governo Amato, due governi D’Alema, un governo Prodi», ha concluso De Masi.
purtroppo è storia che nessun giornalista rammenta oppure fingono di non sapere