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Clairemont Ferrand





Editoriali
C’è la sensazione che si stia preparando una grande operazione per far saltare l’attuale governo. Cosa farà il M5S?
Clairemont Ferrand Posted On Aprile 16, 2020

Conte

La guerra del MES spacca il centrodestra e il governo Conte 2.

Il PD di Zingaretti e il partito di Renzi cercano un nuovo governo con Forza Italia e transfughi 5Stelle?

Se oggi vi prendete la briga di mettere su un grande tavolo tutti gli articoli di tutti i giornali – a partire dai giornaloni – degli ultimi giorni vedrete come puntano a focalizzare l’attenzione dei pochi loro lettori sulla diatriba Sì MES – No MES.

Se ne ricava la sensazione che si stia preparando una grande operazione per far saltare l’attuale governo.

Come i giorni che precedettero la fine del primo Governo Conte ad opera di un Salvini che aveva perso il lume della ragione, rovinando se stesso e la Lega, il sistema mediatico controllato da poche famiglie italiane sta facendo crescere l’alta marea sul secondo governo Conte per sommergerlo e per affogarlo.

L’obbiettivo è di mettere in ‘mani sicure’ il governo del Paese, cioè nelle mani dei partiti che nelle elezioni politiche che hanno dato vita all’attuale Parlamento, hanno perso completamente la fiducia dei loro elettori e che sono state perciò escluse dal governo e relegate giustamente e, com’è democraticamente corretto, all’opposizione, a partire dal PD e a seguire da FI, cioè Berlusconi.

Ieri, lo stesso Berlusconi – scontrandosi clamorosamente con Salvini e con la Meloni nel mentre che reclamava l’unità del Centrodestra ad ogni piè sospinto – ha rotto il fronte del Centrodestra, e, facendosi precedere da una sviolinata mielosa per Bersani giusto per essere coperto anche nella cosiddetta sinistra del PD, si è dichiarato a favore del MES, posizione politica che quindi vede schierati dalla stessa parte, e cioè a sostegno del MES, il PD di Zingaretti, l’altro PD di Renzi e appunto Berlusconi, più altri gruppuscoli che fanno riferimento a FI o al PD. Essi, senza proclamarlo, contano di portare dalla loro parte un numero sufficiente di transfughi 5Stelle, da ripagare abbondantemente con posti di potere di governo e sottogoverno, visto che sono in ballo il rinnovo di tantissime e importantissime poltrone in varie aziende che gravitano nell’orbita dello Stato.

Niente di cui scandalizzarsi, la politica ci ha abituato a manovre del genere nelle quali per competenza ed efficacia eccellono Berlusconi, non meno Zingaretti, per non parlare di Renzi.

Se quindi sta maturando una manovra politica da scantinato del potere e in puro stile di imboscata, perché i 5Stelle dovrebbero fare da agnelli sacrificali senza reagire con la massima determinazione per farla saltare?

Non dimentichiamo che il grande vincitore delle elezioni del 2018, il M5S, aveva provato a fare il governo sia con la Lega che con il PD, il quale ultimo, per ordine di Renzi, si trasse fuori dal gioco per andare in tribuna con una buona scorta di popcorn e godersi lo spettacolo.

La posizione dei 5Stelle era limpida e chiara: per noi, dicevano, è indifferente con chi fare il governo, Lega o PD che sia, purché l’azione del governo porti avanti i nostri punti irrinunciabili.

Così fu fatto un contratto firmando il quale M5S e Lega fecero partire il primo governo Conte.

E, ieri, il M5S quale risposta politica potrebbe dare, considerando anche che Conte con un suo post su Facebook ha modificato la sua posizione politica passando dal no secco dei giorni scorsi al MES, senza se e senza ma, a un no condizionato, ipotesi che invece prima aveva categoricamente escluso?

D’altra parte è lampante che si stanno formando raggruppamenti politici accomunati da una parte No MES, e dall’altra Sì MES.

Un aspetto curioso di questa vicenda politica del MES è il seguente, che peraltro è già stato prima menzionato.

Sul punto che è stato posto come dirimente e che potrebbe far saltare il Conte 2, cioè l’essere a favore o contrari al MES, 5S, Lega, FdI si trovano dalla stessa parte della barricata nel No al MES, mentre il PD, Renzi e Berlusconi insieme a un nugolo di gruppetti che gravitano intorno ad essi, sono dall’altra parte schierati per il Sì.

Senza sottacere che 5Stelle, Lega, FdI, hanno una imponente maggioranza nell’attuale Parlamento e ancora di più nel Paese.


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Editoriali
46 franchi tiratori PD salvano dagli arresti il deputato Fi Sozzani. Prima azione di guerra di Renzi contro il governo
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 19, 2019


A distanza di solo due giorni dall’insediamento al completo del governo Conte Bis, arriva la prima azione renziana di guerra aperta (mascherata dal voto segreto) alla maggioranza di governo.

La Camera dei Deputati, con voto segreto, ha negato gli arresti richiesti dalla magistratura per il deputato di Forza Italia Diego Sozzani.

Ci sono state due votazioni sul caso Sozzani.

La prima votazione riguardava l’uso delle intercettazioni, che è stato negato, con 352 voti a favore del diniego.

Nei 352 voti contrari all’uso delle intercettazioni, c’erano non solo i voti delle opposizioni (FI, FdI e Lega) ma anche i voti del PD, che era dichiaratamente contrario all’uso delle intercettazioni.

I 187 voti contrari al diniego e quindi favorevoli all’uso delle intercettazioni, erano quindi sicuramente in larghissima parte, per non dire tutti, voti del M5S.

Con la seconda votazione la Camera si doveva esprimere sulla richiesta di arresto (domiciliare) di Sozzani da parte della magistratura. In questa seconda votazione la posizione ufficiale del PD era ufficialmente a favore all’arresto e quindi avrebbe dovuto votare (nel segreto) come il M5S.

Quindi, contrariamente alla prima votazione, i voti di PD e 5Stelle si sarebbero dovuti sommare.

L’esito di questa seconda votazione – per alcuni né sorprendente né inaspettato – è stato di soli 235 voti a favore dell’arresto e di 309 voti contrari.

Il risultato del voto risulta quindi diverso dalla somma dei voti dei 5Stelle e di quelli del PD (secondo le dichiarazioni ufficiali) che si sarebbero dovuti esprimere a favore degli arresti domiciliari di Sozzani. Infatti i 187 voti 5S, come risulta dalla prima votazione, a favore dell’uso delle intercettazioni, si sarebbero dovuti sommare ai 94 voti dei deputati PD presenti e votanti, e quindi la somma dei voti a favore dell’arresto di Sozzani sarebbe dovuta essere di 281 (187+94) e non di 235. Mancano quindi 46 voti rispetto a quelli che sarebbero dovuti essere secondo le dichiarazioni ufficiali.

La controprova numerica si ricava in questa maniera: se si sottraessero ai 235 voti favorevoli all’arresto (somma dei voti 5S e PD) i 187 favorevoli all’uso delle intercettazioni espressi nella prima votazione – sicuramente tutti 5S – si ottiene il numero di 48 deputati PD che hanno votato a favore dell’arresto; se poi ai 94 deputati del PD presenti e votanti nelle votazioni di oggi si sottraessero i 48 favorevoli all’arresto si ottiene che i voti mancanti son sempre 46.

Che sono quindi esattamente il numero dei franchi tiratori PD – 46 – che non hanno votato insieme ai loro colleghi del PD e ai deputati 5Stelle a favore dell’arresto di Sozzani, ma che invece hanno unito i loro voti a quelli del centrodestra, contrari all’arresto.

Da dove vengono i franchi tiratori PD?

Nessuno può avanzare seriamente dubbio alcuno che essi provengano dalla falange pd-renziana alla Camera, che quindi risulta composta da almeno 46 deputati, ben superiori ai 26 dichiaratisi ufficialmente.

Evidentemente ci sono almeno altri 20 deputati renziani sotto copertura che stano dentro il PD per lavorarlo ai fianchi in combinata con quelli che ne sono usciti.

Il PD del povero Zingaretti e dell’ambiguo Franceschini, si trova in mezzo alla tenaglia dei renziani ufficialmente fuori del PD e di quelli che agiscono sotto copertura dentro il PD.

È facile prevedere che il PD sarà sfibrato da questo gioco a tenaglia e che alla fine sarà smembrato, polverizzato, proiettando all’esterno l’immagine di un partito in disfacimento consumato dalle lotte intestine, cui farà da contraltare la forza ordinata e in ascesa del nuovo partito di Renzi.

Gli elettori dell’attuale PD saranno posti di fronte alla scelta di restare in un partito diviso, inconcludente e senza futuro, di vetero-sinistra alla D’Alema e Bersani, una sorta di LeU forse più grande, e un partito nuovo, presentato in ascesa, di centrosinistra moderato, con parole d’ordine chiare.

Ovvio quindi che del progettato disfacimento del PD e ormai già in fase operativa, ne approfitterà chi lo ha concepito e studiato a tavolino, e cioè quel senatore di Firenze che non vede l’ora di consumare la vendetta riducendo il PD a un tappeto dove pulirsi le scarpe.

Quindi, inutile negarlo, la prima uscita in Parlamento segna già allarme rosso per la maggioranza di governo a distanza di appena due giorni dal completamento della squadra di governo con vice ministri e sottosegretari.

Solo apparentemente è il primo inciampo per il governo Conte Bis.

In effetti è qualcosa di molto più grave.

È il segnale chiaro e forte che il governo sarà sempre sotto schiaffo, tenuto in continua fibrillazione, sottoposto al fuoco amico delle truppe renziane che sono già trasmigrate nel partito nuovo e ufficiale di Renzi e di quelle rimaste sotto copertura dentro il PD ma che perseguono lo stesso obbiettivo di sgretolare il PD, fiaccare il governo logorandolo dal di dentro, facendolo apparire come un incidente di percorso e destinato a durare lo spazio di settimane.

È la prima azione di aperta (schermata dal voto segreto) guerra di Renzi contro il governo.

Solo la prima di una lunga serie, fino a quando deciderà lui.

Non sarà guerra solo durante i voti segreti, ma su ogni materia divisiva, opportuna per marcare la propria identità politica, differenziarsi dagli altri, fare insomma già campagna elettorale.

Un’azione di logoramento che non darà tregua al governo.

Inoltre questa è anche la prima prova di un’alleanza di fatto tra Renzi e centrodestra.

È un primo test numerico – riuscito – per verificare sul campo i numeri che hanno oggi alla Camera – posto che i numeri del Senato già oggi non lasciano scampo – i quali col tempo saranno ben più superiori, secondo le loro, forse non irragionevoli, aspettative.

Infatti quanto è successo oggi con il voto sull’arresto di Sozzani, è la prova numerica che insieme Renzi e centrodestra avrebbero già i numeri non solo per far saltare il governo ma anche per andare alle elezioni.

Quindi l’allarme rosso è più che giustificato.


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Editoriali
Renzi spacca il PD e dichiara guerra. Il governo sopravviverà?
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 15, 2019

Renzi-contro-M5S-e-Lega

I giornaloni ieri hanno trattato un argomento potenzialmente devastante per il neonato governo ai primi strilli dopo parto.

Finiti i bombardamenti quotidiani di Salvini al precedente governo di cui ha decretato la fine, ora si avvertono le prime avvisaglie che stiano per cominciare quelli di Renzi contro il Governo il giorno dopo che è al completo con vice ministri e sottosegretari.

Il media di De Benedetti, solitamente è ben informato sulle vicende PD essendone l’organ house, quindi non bisogna prendere alla leggera ciò che scrive: ‘Pd, scissione. Sono 31 i parlamentari pronti a creare dopo la Leopolda il partito renziano’.

Il sottotitolo precisa i contorni di questa ennesima manovra di palazzo: ‘L’ira del gruppo dell’ex premier per l’assenza di toscani nella squadra di governo. L’ex ministra Boschi evoca l’uscita dal Pd: “Rottura? Se torna Bersani…“. Zingaretti: “Basta con questo tormentone”.

Insomma, trattandosi di Renzi, e notando la replica di Zingaretti che derubrica a ‘tormentone’ questa devastante novità politica che ha un impatto notevole sul governo appena nato, vien da credere ancora di più a queste anticipazioni giornalistiche.

Nessuno si può dimenticare come la linea ufficiale di Zingaretti, a seguito della crisi del governo Conte provocata da Salvini, fosse quella di andare prontamente al voto senza se e senza ma.

Tuttavia sono bastate poche parole di Renzi che dettava la linea del NO alle elezioni anticipate e SI a cominciare le trattative con i 5S per la formazione di un nuovo governo a maggioranza 5S-PD, che Zingaretti subitaneamente ha obbedito al diktat di quello che – in quelle fasi concitate subito dopo la crisi causata da Salvini – appare subito come il vero padrone del PD.

E quindi Zingaretti ha assunto immediatamente in toto la linea di Renzi, abiurando alla sua in maniera repentina.

Come quindi si potrebbe dar credibilità a Zingaretti, essendo che abbiamo constatato, non più di qualche settimana fa, che molto più di lui è affidabile Renzi in fatto di previsioni future in materia di evoluzione politica?

Quindi il fatto che Zingaretti faccia spallucce commentando le iniziative dei renziani – ‘Non ricominciamo con i tormentoni…’ – tutt’altro che rasserenare sulla tenuta del governo provoca invece l’effetto opposto di determinare più incertezza.
Infatti Il Sole 24 Ore, giornale della Confindustria, con la quale Renzi ha buoni rapporti consolidati, e quindi anch’esso un media attendibile sulle vere intenzioni dell’ex premier PD, fa un titolone che non lascia scampo per la chiarezza: ‘Renzi accelera sul nuovo partito: gruppi parlamentari autonomi prima della Leopolda’.

Riporta poi, virgolettate, le parole di Renzi: «Serve un partito del Pil, pro business e pro crescita, un partito che porti alta la bandiera delle riforme e che guardi anche ai tanti moderati che non vogliono seguire Forza Italia nell’abbraccio con il sovranista Matteo Salvini. Va benissimo il sostegno al governo Conte, ma noi non moriremo grillini».

Poi così commenta il quotidiano confindustriale: ‘nelle ultime ore il progetto di un partito autonomo dal Pd, a partire dai gruppi parlamentari, ha subito un’accelerazione: la dead line è la decima kermesse della Leopolda in agenda a Firenze dal 18 al 20 ottobre’.

Infine una chiosa: ‘Naturalmente il sostegno al governo, che proprio ieri ha completato la sua squadra con la nomina dei 42 sottosegretari tra cui alcuni vicinissimi a Renzi come Anna Ascani e Ivan Scalfarotto, non è in discussione. Ma certo tutta l’operazione non potrà non avere conseguenze, oltre che sull’assetto futuro del centrosinistra, anche sulla navigazione del governo’.

Sono parole che non hanno bisogno di spiegazioni aggiuntive: Renzi sta mobilitando il suo esercito e quando ci sono le mobilitazioni delle truppe in genere è segno che la guerra sta per cominciare.

Contro chi?

Non tarderemo a riscontrare con i fatti, senza la necessità di impegnarsi a far previsioni su come e contro chi il senatore di Firenze condurrà la guerra mediatica e parlamentare, considerato che mancano quattro settimane alla celebrazione dell’evento della Leopolda.

E probabilmente avremo qualche anticipazione aggressiva anche prima.

Anche il media degli Agnelli, La stampa di Torino, conferma che Renzi ha dissotterrato l’ascia di guerra: ‘Renzi, aria di scissione. Già partite le convocazioni’.

In altre parole: è già partita la chiamata alle armi dei parlamentari renziani.

Ovviamente se davvero, come sembra da attendersi altamente probabile, sta per cominciare il continuo cannoneggiamento contro il Governo Conte Bis in Parlamento da parte delle truppe da assalto renziane, preannunciato, come abbiamo visto, dal rullare dei tamburi mediatici, c’è da rimanere attoniti assistendo all’irresponsabilità del PD che non è in grado di bloccare sul nascere questa scellerata iniziativa.

Cosa aspettano, da Zingaretti in su e in giù, a condannare duramente e con la massima energia l’avventurismo renziano?

Altro che fare spallucce o parlare di ‘tormentoni’!

Ci vorrebbe ben altra reazione da parte di Zingaretti: non faccia il pavido!

E Franceschini non ha nulla da dire?

E Prodi?

Una cosa è certa ed emerge con forza abbagliante: il senso di responsabilità verso i cittadini da parte dei 5Stelle, il loro senso dello Stato.
il Movimento 5 Stelle ha provato prima con la Lega – poiché Renzi allora aveva fulminato sul nascere l’iniziativa di avviare una trattativa col PD – a governare seriamente l’Italia lavorando con grande lena nei ministeri, nel mentre che Salvini girava l’Italia in lungo e in largo a fare comizi in una campagna elettorale permanente, senza che facesse neanche il minimo sindacale al dicastero di cui era responsabile.

Nel caldo di agostano, poco prima di ferragosto, in costume da bagno, Salvini ha decretato la fine del primo Governo Conte.

Ora il M5S ha accettato di provare a governare con serietà l’Italia con il PD , pur con tutte le perplessità del caso considerando la perenne guerra interna in quel partito.

Che succede il giorno dopo il completamento del nuovo Governo con la squadra dei vice ministri sottosegretari?

Renzi fa la dichiarazione di guerra e mobilita le sue truppe.

A che fine?

Se volesse dare un contributo alla buona riuscita dell’azione di governo potrebbe farlo anche stando nel PD.

Quindi perché?

Purtroppo l’intento è solo quello di far un grande casino mediatico sul suo nuovo partito e pazienza se il nuovo governo dovrà combattere ogni giorno per fare qualcosa di buono.

L’obbiettivo di Renzi è solo uno: far sapere al mondo che senza di lui non si governa l’Italia.

Siamo passati dall’arroganza di Salvini alla tracotanza di Renzi, dal ricatto del Matteo della Lega a quello del Matteo del PD.
Non è che i due Matteo si sono incontrati a casa di Verdini, presente anche Berlusconi?

Intanto a Zingaretti e compagnia gli mangiano la pasta sulla testa.


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Audio articoli  / Editoriali
Zingaretti con chi sta? Con i Benetton o con la sicurezza dei cittadini?
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 13, 2019


Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, nella trasmissione curata da Vespa su Rai 1, è stato fumoso nel rispondere a una domanda precisa posta da Vespa sulla posizione del Pd riguardo alla netta e chiara linea politica dei 5Stelle sulla revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia (Aspi – gruppo Benetton).

Per il Movimento 5 Stelle si deve al più presto procedersi alla revoca della concessione.

Sulla questione è intervenuta per prima la ministra De Micheli, la quale ha cavillato sul fatto che nel programma di governo si parla di revisione delle concessioni autostradali e non di revoca.

Ma la ministra non è stata corretta e precisa – e così anche ha fatto il responsabile economico del PD Misiani intervenuto per difenderla -, perché avrebbe dovuto aggiungere che la parola ‘revisione’ è riferita a tutte le concessioni autostradali, non in particolare a quella di ASPI del Gruppo Atlantia.

Quindi all’interno della revisione di tutte le concessioni autostradali, quella per la società fa parte del gruppo Atlantia, che ne possiede l’88,06% del capitale sociale e che fa riferimento, come principale azionista, alla famiglia Benetton, non può essere trattata alla stessa maniera di tutte le altre.

Questo non è possibile per la semplice ma drammatica e serissima e insuperabile ragione che di mezzo c’è il crollo del ponte Morandi che ha causato la morte di 43 cittadini italiani a causa della inadeguata manutenzione, come ormai emerge sempre più chiaramente dalla ricostruzione degli inquirenti.

Molti, non solo dentro il PD ma anche dentro la Lega, definiscono questa netta posizione dei 5Stelle come ideologica.

Spieghino costoro cosa c’è di ideologico nel volere la revoca della concessione ai Benetton.

Forse non è quanto di più pragmatico ci sia revocare una concessione a una società che non ha rispettato un punto chiave del contratto avente come oggetto, oltre che la gestione in concessione di tratte autostradali, anche lo svolgimento della relativa puntuale e adeguata manutenzione?

Non è piuttosto incomprensibile la difesa ad oltranza dei Benetton prima da parte della Lega e ora anche da parte del PD?

Certo è stato un governo di sinistra, il governo Prodi, ad assegnare la concessione ai Benetton, ma issare la bandiera dei Benetton a loro difesa dopo il crollo del ponte Morandi è incomprensibile.

Sulla morte di 43 cittadini italiani non si può passare sopra con leggerezza e contare sul fatto che la gente, quando non ha dei congiunti coinvolti, ha la memoria corta.

In questo caso non può succedere perché ci sono milioni di italiani che ogni giorno viaggiano nelle autostrade italiane.

Non è accettabile che, attraversando i ponti, il loro pensiero, ricordando quel ponte di Genova crollato, si ponga una domanda assillante e preoccupante che fa tremare per tutto il tempo necessario per attraversare il ponte: ma qui come è stata fatta la manutenzione? Non è che crolla anche questo?

I cittadini hanno bisogno di un segnale semplice, limpido, chiaro e inequivocabile che chi è stato, diciamo, leggero con la manutenzione, la passi liscia senza rimetterci la concessione. Non ha garantito la sicurezza provocando morti per il crollo di un ponte.

Per un fatto così grave la concessione non può che essere revocata.

Invece Zingaretti, in puro politichese, dice da Vespa: «Che si vada ad una stagione di revisione, credo che faccia bene anche ai concessionari».
Aggiunge pure una chiosa inquietante dicendo che tra PD e 5S è stato raggiunto «un punto di compromesso positivo».

Ma non ha detto quale.

Ma il Movimento 5 Stelle ha ribadito per bocca di numerosi esponenti e in tutti questi giorni che si deve fare la revoca e nessuno ha parlato di «un punto di compromesso positivo».

Zingaretti forse fa finta di non sentire, ma i 5Stelle gli hanno gridato: sulla revoca ai Benetton, no a «un punto di compromesso positivo».
Per i 5S Si deve fare la revoca punto e basta.

In ultimo è intervenuto anche il capo politico pentastellato Luigi Di Maio e ha ribadito la stessa posizione con la massima chiarezza e senza possibilità di equivoco.


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Editoriali
Il Pd al governo si comporterà come la Lega? De Micheli e Misiani l’hanno già fatto. Ma Zingaretti chiede lealtà e Boccia prova a rovesciare l’accusa sui 5Stelle
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 10, 2019

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Paola De Micheli ha già fatto una provocazione ai 5Stelle sulla questione della revoca della concessione ad Atlantia, società che controlla Autostrade, a sua volta controllata dalla famiglia Benetton.

Lei in una intervista a “La Stampa” ha dichiarato che il programma di governo usa il termine revisione come che con questa parola si intendesse una cosa diversa da revoca.

Il M5S, per bocca del senatore Giarrusso, ha immediatamente replicato in maniera netta e chiara, lasciando senza scampo la ministra piddina: “La De Micheli deve ricordarsi che è al governo grazie a una coalizione di tre forze politiche e lei rappresenta un gruppo che è meno della metà del Movimento 5 Stelle. Se intende differenziare la propria posizione da quella del M5S può benissimo farlo accomodandosi fuori dal governo e andando all’opposizione immediatamente senza tergiversare,” ha detto Giarrusso.

Alla ministra è giunto però in soccorso il responsabile economico del PD Antonio Misiani sostenendo la stessa tesi della ministra.

Ovviamente sia per la ministra De Micheli che per Misiani vale ciò che ha dichiarato il senatore Giarrusso.

In ultimo è intervenuto Di Maio raccomandando ai suoi di non accettare provocazioni.

Il capo politico del M5S si aspetta lealtà e tanti 5Stelle hanno raccomandato a quelli del PD di non comportarsi come Salvini.

Domenica dal palco della Festa dell’Unità di Ravenna, Zingaretti, a sua volta, ha chiesto lealtà a Conte e ai 5Stelle.

Però questa richiesta a Conte e al M5S sa molto di ipocrisia: avrebbe dovuto pubblicamente redarguire la ministra del suo partito e il responsabile economico del suo partito per aver provocato i 5Stelle su una materia decisiva per loro, poi avrebbe avuto titolo a chiedere lealtà al suo partner di governo, pur non avendo nessuna ragione per chiederla: mettere le mani in avanti in fatto di lealtà non è un buon segno per un governo, ad oggi, non ancora nato.

A Zingaretti si è aggiunto il ministro Boccia, il quale ormai, se ogni giorno non fa sentire la sua voce, va in crisi di astinenza di presenza mediatica.

Il neo ministro è stato intervistato da Massimo Giannini su Radio Capital.

La domanda clou di Giannini, evidenziata nei titoli di Repubblica, appare in tutta evidenza fatta apposta per suscitare una risposta che provasse a rovesciare sui 5Stelle la mancanza di lealtà del PD, rimproverata dai 5S alla ministra De Micheli e al responsabile economico Misiani.

La domanda di Giannini al ministro Boccia era infatti la seguente: ‘Il ministro degli Esteri Di Maio ha riunito i ministri del M5S alla Farnesina: il Pd è preoccupato? Di Maio si comporterà come Salvini?

La domanda di Giannini fa pensare alla celebre favola di Fedro del lupo e dell’agnello (Lupus et Agnus) che si abbeverano allo stesso torrente. Il lupo accusa l’agnello di sporcare l’acqua che lui stava bevendo, sebbene la cosa fosse impossibile in quanto il lupo si trovava più in alto dell’agnello.

Fedro, per spiegare la morale della favola, chiosa: ‘Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.’

Ma il ministro Boccia, forte del suo nuovo ruolo di uomo di potere, non si è lasciato sfuggire l’occasione e l’ha colta al volo, e ha impersonato, assecondando l’assist di Giannini, anche lui il ruolo del lupo di Fedro, dopo che per primo l’aveva già assunto il giornalista di Repubblica.
La sua risposta infatti è stata: “No, non credo gli convenga, a Salvini non è andata molto bene”.

Ricorderete che nei giorni precedenti diversi esponenti 5Stelle avevano mosso con piena ragione esattamene quella stessa accusa al PD considerate le dichiarazioni della ministra PD De Micheli e del PD Misiani riguardo alla revoca della concessione ad Atlantia.

Con un pretesto senza senso, facendosi lupi come quello di Fedro, Giannini e Boccia, accusano in forma preventiva quello che pensano debba farsi l’agnello di Fedro.

L’epilogo di quella favola fu che il lupo si mangiò l’agnello non prima di inventarsi altri pretesti.

Quei pretesti furono smontati dall’agnello. Il lupo, non avendone altri che reggessero di più, perse la pazienza azzannò l’agnello e lo uccise.

Se i geni politici del PD e dei giornali fiancheggiatori o guidatori pensano di realizzare la favola di Fedro impersonando loro il lupo e facendo impersonare l’agnello ai 5S, stiano attenti perché potrebbero però fare qualche errore di valutazione.

In questo caso sì che vale, per tornare al latino, il monito: Salvini docet.


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Editoriali
La fine politica di Salvini emerge, oltre e contro le sue intenzioni, dall’atto di difesa di Bagnai
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 9, 2019


È largamente condivisibile ma non completamente la “Cronaca di una crisi annunciata” del senatore della Lega Alberto Bagnai.

Nasconde importanti dettagli, uno per tutti l’estenuante lavorìo ai fianchi contro il Movimento 5 Stelle per togliere il consenso e girarlo a proprio favore.

Invece è totalmente condivisibile il gravissimo errore di Lega e Movimento di aver accettato il mancato spoils system dei tre principali dirigenti del MEF. Quello certamente è stato un errore fatale.

Però Bagnai nasconde abilmente le gravissime responsabilità di Salvini.

Questo tentativo di difendere Salvini contro la corrente prevalente fa onore a Bagnai. Il quale però paga un prezzo: con questo tentativo toglie complessivamente credibilità alla ricostruzione, nascondendo la verità di fondo, ovvero la totale inadeguatezza di Salvini. Bagnai, senza accorgersene, fa emergere proprio questo dalla sua ricostruzione. Se lo si legge bene, diventa quasi un atto di accusa a Salvini.


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Editoriali
De Micheli, ministra Pd al Mit, attacca i 5Stelle e li provoca sulla concessione autostradale ai Benetton
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 6, 2019


Paola De Micheli nel suo primo giorno da ministro nel dicastero che prima guidava Toninelli fa, dietro un ipocrita bon ton, affermazioni ferocemente aggressive verso i suoi partner di governo.

Il titolo de La Stampa per l’articolo che riporta la sua intervista recita:

“Sui cantieri ora basta con i no politici. Avanti con la Tav e la Gronda a Genova“.

Di tutta evidenza il non detto: ora qui ci sono io e faccio andare avanti tutte le opere che i 5Stelle bloccavano. Con me la musica è cambiata: al posto dell’incapacità 5S ora qui c’è la mia efficienza.

L’articolo nelle sue prime battute continua:

“Non ha (Paola De Micheli, ndr) ancora fatto il passaggio di consegne con Danilo Toninelli, ammette di essere a una distanza siderale dal suo approccio, non invece dai Cinque Stelle: «Se andiamo avanti così potremo fare assieme molte cose buone per il Paese»”.

Appare più che chiaro, nell’inciso su riportato, l’attacco, sempre da ipocrita, ai 5S, mascherato però come attacco personale a Toninelli, come se Toninelli da ministro dei trasporti non avesse agito per portare avanti le politiche del M5S. Nell’arte di attaccare le persone più rappresentative di una forza politica per dissimulare l’attacco diretto alla stessa forza politica, quelli del PD sono maestri: il loro sport preferito è la mancanza di trasparenza. Per la trasparenza hanno una vera e propria fobia.

L’intervistatore continua con la seguente domanda:

“Una delle accuse al suo predecessore era quella di bloccare ogni dossier. Lo farà anche lei?
«….. qui ostacoli politici ai cantieri non ce ne saranno più», risponde arrogantemente la ministra: della serie ‘Mo’ ci sono io’, o, in meneghino berlusconese, ‘ghe pensi mi’»”.

La domanda successiva risulta molto impegnativa per la ministra:

“Non ci sarà dunque nessuna revoca della concessione ad Autostrade, come promettevano i Cinque Stelle?
«Nel programma di governo c’è scritta una parola precisa e molto diversa: revisione»”.

Sembra una provocazione il gioco di parole della De Micheli dato che i 5S hanno sempre insistito per togliere la concessione ad Atlantia dei Benetton.

Glielo ricorda Manlio Di Stefano:
“Le concessioni autostradali ai Benetton vanno rimosse”.

La ministra, un po’ troppo baldanzosa, dovrà prendere atto di queste che non sono parole al vento.

L’intervista alla ministra si conclude con questa domanda:

“Sarà decisivo l’esito delle elezioni regionali, in particolare quelle nella sua amata Emilia. Farete l’accordo di desistenza con i Cinque Stelle?
«Perché no?»
“.

La risposta della signora ministra potrebbe lasciare intendere che si senta sicura di poter parlare, oltre che a nome del PD, anche a nome del Movimento 5 Stelle.

Forse un po’ di cautela sarebbe necessaria, altrimenti l’euforia della conquista del potere dopo una sonora e storica disfatta elettorale potrebbe farle apparire realtà il semplice desiderio.


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Editoriali
Comincia male il primo giorno del governo Conte bis: Di Maio parte con slancio, i giornaloni PD lo attaccano
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 5, 2019

di-maio

Di Maio parte con slancio nel governo voluto dagli iscritti 5Stelle.

I giornaloni PD lo attaccano.

Comincia male il primo giorno del Governo Conte bis.

Il capo politico M5s Luigi Di Maio, neoministro degli Esteri, ci mette tutto il suo entusiasmo per darsi da fare con il massimo impegno per il nuovo governo. “Buongiorno a tutti”, ha scritto su Facebook pubblicando la foto dei nuovi nominati. “Eccomi con la nuova squadra di ministri del Movimento 5 stelle. Pronti a dare il massimo per il Paese”.

Ma gli anti 5S vogliono vedere scorrere il sangue del Movimento.

Quindi la loro guerra continua.

Repubblica titola:

‘Di Maio, gilet gialli e Venezuela la diplomazia senza rete
Il Capo politico dei Cinque Stelle si rifugia alla Farnesina. Dovrà ricostruire la sua immagine dopo i passi falsi nelle alleanze internazionali
’.

Ancora Repubblica:

‘Di Maio è ministro degli esteri: da Pinochet ai gilet gialli, le sue gaffe tornano virali’.

Corriere della Sera:

‘Di Maio, gli Esteri e le gaffe da dimenticare ( a firma di Gian Antonio Stella)
Di Maio è approdato al nuovo e delicatissimo ruolo alla Farnesina dopo numerosi incidenti di percorso e anche qualche clamoroso strafalcione
’.

Sempre sul Corriere:

Il video commento al cianuro contro Di Maio del direttore Fontana.

La guerra contro i 5Stelle continua dando luogo e sfogo alla fobia di tutto ciò che sa di genuinamente popolare da parte dei fortunati che si godono la vita a spese e sulla carne del nostro popolo.

Ma la resilienza del Movimento 5S è più forte di quanto desiderano e si aspettano che sia coloro che lo combattono per farne morire lo spirito e assorbirlo snaturandolo.

Non accadrà.

La Resistenza 5S vincerà.

Viva il Movimento 5 Stelle.


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Editoriali
Votazione su Rousseau: il più grande evento di democrazia diretta digitale del mondo
Clairemont Ferrand Posted On Settembre 3, 2019


Siamo di fronte al più grande evento di democrazia diretta digitale in cui si decide se un governo non debba essere varato oppure sì.

Si tratta di un lodevole primato italiano. Un lodevole primato di democrazia vera e applicata a una decisione di fondamentale importanza nella vita politica di una nazione, la nostra Italia.

Tutti gli italiani dovrebbero essere orgogliosi.

Saranno poco meno di 120.000 iscritti al M5S quelli che saranno chiamati a prendere una importantissima decisione politica: sì o no a un nuovo governo.

Potranno partecipare alla votazione per prendere questa decisione in qualsiasi posto del mondo si trovino purché siano collegati alla rete.
Il resto lo farà la piattaforma di voto on line Rousseau.

La decisone se non far nascere oppure si un nuovo governo non sarà presa da pochi intimi in incontri che sono conciliaboli, oppure in riunioni di truppe che seguiranno i voleri dei loro capi, ma in una votazione libera il cui voto sarà segreto, come avviene nelle elezioni realmente democratiche, senza condizionamenti, se non quelli di chi tira per la giacca gli iscritti con scarsissimo rispetto della loro intelligenza, ma che proprio per questo sono inefficaci.

Ma gli iscritti 5Stelle sono gente libera che prende decisioni con senso di responsabilità avendo a cuore il futuro del Movimento – preservando le sue radici – e il benessere del popolo italiano.

Qualunque sia la loro decisione, che rappresenta la maggioranza degli iscritti votanti, va accettata ed eseguita.

Questo è il bello di una sana espressione democratica: ciascun iscritto farà valere la sua posizione politica e concorrerà così a prendere una decisione di rilevantissima importanza per il futuro dell’Italia.

La piattaforma Rousseau e gli iscritti 5Stelle, con questa innovazione di democrazia diretta digitale, entrano e resteranno nella storia politica e sociale del nostro Paese.

Una formidabile riforma tecnologica, politica, culturale e sociale di cui l’Italia può fregiarsi e godere grazie all’ingresso dirompente nella scena italiana di una forza politica innovativa che ha cambiato radicalmente il paradigma che si riteneva immutabile in tema di gestione del potere.

La votazione su Rousseau rivela che è realmente possibile, e così avviene nella realtà, che siano comuni cittadini a esercitare un potere che prima era riservato a pochi oligarchi, che definivano democrazia la loro oligarchia.

È davvero una grande innovazione che un numero notevole di comuni cittadini, grazie a una piattaforma di voto digitale, decida a maggioranza come governare la nazione.

Gli iscritti di 5Stelle tramite la piattaforma Rousseau cambiano per sempre la storia dell’Italia.

Auguriamoci che l’esito del voto, qualunque esso sia, distrugga le ultime resistenze a cambiare davvero il volto del nostro Paese, dando un segnale forte che il cambiamento – quello vero non gattopardesco – non può essere sostituito dalla restaurazione comunque camuffata, che non si può ritornare indietro, ma andare avanti nel cambiamento in maniera ancora più dirompente di quanto non sia stata fino a ora.

Reddito di Cittadinanza, Quota 100, Decreto Dignità, Legge Spazza Corrotti, sono non la conclusione di un ciclo di cambiamento ma l’inizio di uno ben più forte.

Speriamo che la decisione degli iscritti 5S si riveli a questo fine la più efficace, magari dando dispiaceri dolorosi a chi il cambiamento lo vuole bloccare una volta per sempre.

Viva il Movimento 5S!

No alla restaurazione!

Si a un cambiamento ancora più forte!


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Editoriali
Vile attacco agli iscritti del M5S per privarli del voto su Rousseau
Clairemont Ferrand Posted On Agosto 28, 2019


Stiamo assistendo in queste ore a un attacco forsennato al diritto di voto degli iscritti 5Stelle per esprimere il loro accordo o disaccordo a formare il futuribile governo Renzi/PD-M5S.

Un florilegio di articoli e interviste su questo argomento ci ha letteralmente sommerso dove si ravvisano assurdità come quella di inficiare le prerogative del Capo Dello Stato o addirittura il pericolo di rallentare la procedura costituzionale dell’iter di formazione del nuovo governo.

Bisognerebbe chiedere a questa foltissima schiera di opinionisti e politici di varia matrice ma tutti accomunati dall’ansia compulsiva di dare il via libera senza incomodi all’ipotetico – per il momento solo ipotetico: da sottolineare questa realtà – governo Renzi/PD-5S, come mai non si scandalizzano che il PD possa dare il via libera alla formazione di questo ipotetico governo tramite un’assemblea di iscritti, e cioè la Direzione PD composta da 214 membri.

A questi 214 iscritti al PD nessuno pone in dubbio il loro diritto di esprimere il proprio consenso o dissenso alla formazione del governo ipotetico in parola, mentre questo diritto non solo lo si mette in dubbio, ma addirittura lo si vorrebbe togliere agli oltre 100.000 iscritti al Movimento 5S.

Ogni movimento politico ha le sue regole democratiche interne, perché suscita scandalo che anche il Movimento 5S abbia scelto le sue?
Questa è davvero una strana contraddizione: al PD è consentito votare secondo le regole che si è scelto, mentre al M5S NO.
Dove sta il rispetto, il semplice rispetto, per gli iscritti 5S?

Forse che hanno meno diritti degli iscritti PD perché così stabilisce chi non vuole farli votare, questi soloni della democrazia che vogliono comandare in casa d’altri?

La verità è che se vogliamo proprio fare un esame di diritto comparato mettendo a confronto le regole democratiche M5S e quelle PD, quest’ultimo ne esce davvero male.

Infatti nessuno ha dubbi su come si esprimerà la Direzione PD, quando si chiedesse una votazione in quella sede.

Come mai non ci sono incertezze sulla pronuncia di quest’organo interno del PD?

Non ci sono incertezze perché tutti i membri sono ripartiti tra le varie correnti del PD, e quando si mettono d’accordo i capi corrente su come deve andare la votazione, i membri della Direzione votano semplicemente secondo gli ordini ricevuti.

Prima di una riunione della Direzione PD non c’è nessuna incertezza sull’esito della votazione, si sa già come andrà a finire prima ancora che la votazione stessa abbia luogo.

Fa comodo ai capibastone PD avere assemblee e riunioni il cui esito è scontato e non ci sono incertezze dovute alla democrazia.
Invece nel caso del Movimento c’è una sana incertezza democratica.

Il fiume di articoli e interviste che si sono abbattuti su di noi in poche ore hanno avuto come unico obiettivo di eliminare il diritto degli iscritti 5S a esprimere liberamente il proprio voto su una decisione decisiva per il futuro del proprio movimento politico.
Questi commentatori, opinionisti, politici, intellettuali rivelano l’allergia a una sana incertezza per un voto realmente democratico e che non può essere eterodiretto da nessuno.

Sugli iscritti 5S non cadono dall’alto gli ordini dei capibastone per il semplice fatto che non ce ne sono, ma se qualcuno – per esempio tra i deputati e i senatori pentastellati che vorrebbero togliere il voto a chi li ha scelti come candidati – si fosse messo in testa di diventarlo sarebbe sommerso da un mare sonoro e tumultuoso di ‘vaffa’ in puro stile grillino.

Il vizio di togliere il diritto di voto quando può disturbare è lo stesso che da sempre hanno i regimi autoritari, i regimi fascisti.

Questo vizio fascista è lo stesso di questi signori che definiscono se stessi super custodi delle regole della democrazia.

Di quella oligarchica però che fa comodo a loro, perché essi per primi sono e si comportano come oligarchi di regime.

Ma questo attacco sconsiderato ai diritti degli iscritti al Movimento non farà altro che inorgoglirli e motivarli a votare esattamente contro ‘l’ordine’ emesso da coloro i quali temono il loro voto e lo vorrebbero impedire.

Tutta questa fobia anti iscritti 5S di questi oligarchi si sta rivelando il miglior complimento che potessero fare alla piattaforma Rousseau, altro oggetto del loro odio perché si è dimostrata sul campo una fortissima garanzia a tutela del diritto di voto di ogni singolo iscritto al Movimento 5S.

SÌ al diritto di voto degli iscritti 5S sulla formazione dell’ipotetico governo Renzi/PD-5S.

NO a quanti vorrebbero privarli del voto.


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