Recenti ricerche pubblicate sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences hanno rivelato che la guarigione delle ferite negli esseri umani avviene a un ritmo circa tre volte più lento rispetto a quello osservato nei primati non umani. Questo dato non solo suscita interesse, ma solleva anche interrogativi riguardo a possibili adattamenti evolutivi unici della specie umana. Gli studiosi coinvolti nello studio hanno sottolineato che la lenta riparazione delle lesioni non è una caratteristica condivisa da tutti i primati, suggerendo che potrebbe esserci stato un cambiamento significativo nel nostro processo di guarigione.
La guarigione delle ferite nell’organismo umano è un processo complesso e articolato, che si sviluppa attraverso diverse fasi. Inizialmente, si verifica la coagulazione, un meccanismo fondamentale per prevenire il sanguinamento. Durante questa fase, le cellule immunitarie, come i neutrofili e i macrofagi, svolgono un ruolo cruciale: eliminano i batteri e rimuovono i tessuti necrotici.
Successivamente, il corpo inizia a riparare il tessuto danneggiato. I fibroblasti sono le cellule responsabili della produzione di collagene, una proteina essenziale che conferisce struttura e resistenza ai tessuti. Dopo la formazione di nuovi vasi sanguigni, che forniscono nutrienti vitali, le cellule cutanee migrano per coprire completamente la ferita. Questo processo, sebbene altamente efficace, è visibilmente più lento negli esseri umani rispetto ad altre specie.
Nel corso dello studio condotto nel 2025, i ricercatori hanno anestetizzato diversi primati per indurre una ferita di 40 millimetri e monitorare il processo di guarigione. Sono stati valutati vari parametri, come la superficie e le dimensioni della ferita, registrando i dati quotidianamente. Parallelamente, è stato analizzato il tasso di guarigione di ventiquattro volontari sottoposti a interventi chirurgici per la rimozione di tumori cutanei presso l’Ospedale dell’Università di Ryukyu, in Giappone. I risultati sono stati sorprendenti: non sono state riscontrate differenze significative nei tassi di guarigione tra le diverse specie di primati non umani e i roditori.
Tuttavia, i dati relativi agli esseri umani hanno mostrato un tasso di guarigione circa tre volte inferiore rispetto a quello dei primati non umani. Questo ha portato i ricercatori a ipotizzare che la lenta guarigione delle ferite possa essere un fenomeno relativamente recente, avvenuto dopo la separazione dall’antenato comune con gli scimpanzé, circa sei milioni di anni fa.
Le ragioni di questa evoluzione verso una guarigione più lenta non sembrano immediatamente evidenti, poiché potrebbe apparire svantaggioso sotto diversi aspetti. I ricercatori hanno suggerito che una delle spiegazioni possa risiedere nelle differenze anatomiche tra gli esseri umani e altri mammiferi. In particolare, la minore peluria, la variazione nello spessore della pelle e la densità delle ghiandole sudoripare potrebbero avere un impatto significativo.
Un aumento nella concentrazione di ghiandole sudoripare ha potuto contribuire a una riduzione della peluria corporea, rendendo la pelle più suscettibile a lesioni. Questo potrebbe aver favorito l’evoluzione di uno strato cutaneo più spesso, per garantire una maggiore protezione, ma a scapito della velocità di guarigione. La necessità di ulteriori ricerche è fondamentale per comprendere appieno le cause di questo fenomeno e i suoi effetti sulla salute umana.