Ogni anno, secondo le statistiche fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 5,4 milioni di individui in tutto il mondo subiscono morsi di serpente, con una percentuale significativa di circa il 50% che sviluppa avvelenamento. Fortunatamente, nel corso dei secoli, la comunità scientifica ha sviluppato un notevole numero di antidoti, contribuendo a ridurre il tasso di mortalità associato a questi incidenti, anche in nazioni come l’Australia, nota per la presenza di molte specie velenose.
Tuttavia, l’OMS ha recentemente rivelato che circa il 70% dei morsi di serpente non viene segnalato, rendendo i dati ufficiali insufficienti per descrivere la reale situazione riguardante i serpenti velenosi. Questo fenomeno è in parte attribuibile a tradizioni culturali complesse, che influenzano le decisioni delle persone nel denunciare i morsi. In diverse regioni dell’Africa e dell’Australia, molti individui si rivolgono a sciamani o capi villaggio per ricevere aiuto, spesso ricevendo trattamenti inefficaci, come l’uso della “pietra del serpente”, un oggetto ricavato da un osso di mucca e venduto a basso costo in diverse aree del Kenya.
Affidarsi a queste pratiche tradizionali può rivelarsi un errore fatale. L’alto costo degli antidoti occidentali, che possono arrivare fino a 62 dollari, rappresenta un ostacolo significativo per le popolazioni locali, spingendole a continuare a cercare aiuto da ciarlatani.
Un ulteriore problema è rappresentato dalla scarsità di antidoti disponibili nei paesi maggiormente colpiti. Ad esempio, il Kenya riceve annualmente tra 10.000 e 30.000 fiale di antidoti, mentre la domanda reale si attesta sulle 100.000 fiale necessarie per soddisfare le esigenze della popolazione. Questa discrepanza ha portato a una vera e propria emergenza sanitaria, difficile da affrontare. La produzione di antidoti richiede la cattura di migliaia di serpenti e il processo di “mungitura” del loro veleno, che viene poi diluito e iniettato in animali come i cavalli, i quali producono gli anticorpi necessari.
L’adozione di biotecnologie moderne per ottimizzare la produzione di antidoti potrebbe rappresentare una soluzione valida, ma il basso profitto economico derivante dalla vendita di antidoti, unito alla povertà diffusa tra le comunità che convivono con i serpenti, ha portato le aziende farmaceutiche a trascurare questo mercato, preferendo investire in ricerche per la produzione di antibiotici.