I tessuti muscolari umani potrebbero un giorno diventare dei veri e propri computer, secondo quanto affermato da Yo Kobayashi, un ricercatore indipendente che ha recentemente pubblicato un innovativo studio sulla rivista IEEE Access. Il fulcro della sua ricerca si basa sul concetto di reservoir computing, un modello di calcolo che utilizza sistemi complessi per elaborare dati e identificare schemi nascosti.
Kobayashi ha intrapreso un esperimento per esplorare la possibilità che i tessuti biologici possano funzionare come un processore vivente. Per questa ricerca, ha coinvolto diversi partecipanti, invitandoli a piegare il polso in varie posizioni mentre un’ecografia monitorava in tempo reale le minime deformazioni muscolari. Dall’analisi di queste immagini, ha creato un “serbatoio biofisico”, un sistema capace di trattenere informazioni grazie alle proprietà viscoelastiche del tessuto umano, ovvero la sua abilità di deformarsi e memorizzare tali deformazioni.
I risultati ottenuti sono stati sorprendenti. Questo “computer muscolare” ha dimostrato di essere in grado di risolvere complesse equazioni non lineari con una precisione che supera quella dei modelli tradizionali basati sulla regressione lineare. Secondo Kobayashi, questa nuova forma di calcolo potrebbe rappresentare una risorsa reale per le tecnologie indossabili del futuro, dispositivi capaci di sfruttare direttamente la potenza dei muscoli umani per ottimizzare le prestazioni computazionali.
In aggiunta a queste scoperte, si prevede anche l’arrivo delle lenti a contatto smart, un ulteriore passo avanti nel campo della tecnologia indossabile. Queste innovazioni potrebbero rivoluzionare il modo in cui interagiamo con i dispositivi e migliorare notevolmente l’efficienza delle applicazioni quotidiane.
La ricerca di Kobayashi segna un passo significativo nella fusione tra biologia e tecnologia, aprendo la strada a nuove possibilità che potrebbero cambiare il nostro approccio alla computazione e all’interazione con il mondo digitale.