
Il dibattito sull’impatto ambientale del mining di Bitcoin continua a suscitare interesse e preoccupazione. Un recente studio di CoinShares, pubblicato nel gennaio 2025, ha rivelato che, nonostante l’aumento del valore della criptovaluta, le operazioni di estrazione stanno diventando sempre meno vantaggiose dal punto di vista economico.
I dati indicano che i costi energetici e computazionali per estrarre un singolo Bitcoin sono aumentati in modo significativo. Questo processo richiede una potenza di elaborazione estremamente elevata e, di conseguenza, i costi sono lievitati a tal punto che per molti miner l’attività non risulta più profittevole, con alcuni casi in cui si registrano addirittura perdite.
Costi di mining in aumento
Nel contesto attuale, le grandi aziende di mining, che durante la pandemia di COVID-19 hanno riconvertito le loro operazioni per concentrarsi sull’estrazione di Bitcoin, stanno affrontando sfide significative. Attualmente, il costo medio per minare un BTC ha superato gli 82mila Dollari. Questo valore rimane inferiore al prezzo di mercato della criptovaluta, che ha recentemente superato i 95mila Dollari e si avvia verso i 100mila Dollari. Tuttavia, i margini di profitto sono sempre più ridotti: nel terzo trimestre del 2024, il costo per minare un Bitcoin era di circa 56mila Dollari, segnando un incremento del 47% in un breve lasso di tempo.
Le difficoltà dei piccoli miner
La situazione è ancora più complessa per i piccoli miner, come evidenziato nello studio di CoinShares. Negli Stati Uniti, il costo per un’operazione di mining su scala ridotta può arrivare a 137mila Dollari per un singolo Bitcoin. In Germania, il costo può addirittura raggiungere i 200mila Dollari. Questo scenario ha portato gli analisti a suggerire che l’unica strategia vantaggiosa sia quella di “holdare”, ovvero mantenere le monete nella speranza che il loro valore aumenti, un’opzione che non è affatto garantita a causa delle fluttuazioni costanti del mercato.
Le cause della crisi del mining
Diverse sono le ragioni che contribuiscono alla diminuzione della convenienza del mining. Tra queste, spicca l’aumento globale dei costi dell’elettricità , alimentato dall’inflazione, dalle guerre commerciali e dal crescente consumo energetico delle intelligenze artificiali. Un fattore determinante è stato anche il recente halving di Bitcoin, che ha ridotto a metà i guadagni per ogni blocco minato. Inoltre, l’aumento dei prezzi dell’hardware, dovuto ai dazi imposti dall’ex presidente Donald Trump sulle importazioni, ha aggravato ulteriormente la situazione.
Recentemente, Trump ha bloccato i dazi per 90 giorni, escludendo però la Cina da questa decisione. Resta da vedere se questo porterà a un accordo tra le parti coinvolte, ma nel frattempo il settore del mining continua a navigare in acque turbolente, con incertezze che pesano sulle scelte future degli operatori.