
Nel panorama della storia antica, le monete d’argento coniate ad Atene rivestono un’importanza particolare. Queste monete, conosciute come dracme, presentavano da un lato la figura della dea Atena e dall’altro un piccolo rapace. La loro origine risale al VI secolo a.C., periodo in cui divennero tra le più ricercate nel Mediterraneo orientale, contribuendo in modo significativo all’evoluzione dell’economia dell’epoca e all’adozione di un’unità di scambio comune.
Il simbolismo della civetta
La scelta di raffigurare un rapace notturno sulle dracme non è casuale. Questo animale, che rappresentava la trasformazione della dea Atena, era in realtà una civetta, considerata sacra dai greci sin dai tempi arcaici. La civetta simboleggiava non solo la saggezza, ma anche la protezione divina, rendendola un elemento significativo nella cultura ateniese.
L’introduzione della civetta da parte di Ippia
Secondo la maggior parte degli storici, fu Ippia, l’ultimo tiranno di Atene, a decidere di utilizzare l’immagine della civetta sulle dracme nel 512 a.C. Ippia, noto anche per aver creato la tetradracma, un’unità monetaria dal valore quadruplo rispetto alla dracma standard, contribuì a stabilire un nuovo standard monetario. Oltre alla civetta, sulla moneta appariva anche un ramoscello d’ulivo, simbolo della dea, una falce di luna e le lettere “ΑΘΕ”, abbreviazione della parola greca ΑΘΗΝΑΙΩΝ, che significa “degli Ateniesi”.
La persistenza delle dracme nel tempo
Anche dopo il declino dell’egemonia ateniese e l’arrivo delle truppe romane, le dracme continuarono a circolare per lungo tempo in Oriente. Questo fenomeno ha contribuito a consolidare ulteriormente l’immagine della civetta come simbolo di saggezza e conoscenza nel contesto culturale e sociale dell’epoca. La longevità di queste monete testimonia non solo l’importanza economica di Atene, ma anche l’influenza duratura della sua cultura nel mondo antico.